Politica monetaria Banca nazionale svizzera messa in discussione: sta abbassando troppo i tassi?

hm, ats

19.7.2024 - 15:00

Non tutti sono convinti che la strada indicata dal presidente della direzione generale Thomas Jordan sia quella giusta.
Non tutti sono convinti che la strada indicata dal presidente della direzione generale Thomas Jordan sia quella giusta.
Keystone

Alcuni economisti mettono in discussione la politica monetaria della Banca nazionale svizzera (BNS).

Keystone-SDA, hm, ats

A loro avviso tagliando i tassi l'istituto riduce il suo futuro margine di manovra, con il rischio di non poter più reagire adeguatamente in caso di crisi, segnala un articolo odierno di Cash.

Come noto la BNS ha proceduto quest'anno già a due tagli del costo del denaro, in marzo e in giugno: il tasso guida è stato portato dapprima dall'1,75% all'1,50% e poi dall'1,50% all'1,25%. Altri istituti sono più cauti: la Banca centrale europea (Bce) ha proceduto a un primo ribasso in giugno, ma ieri ha lasciato invariato il costo del denaro, mentre la Federal Reserve non si è ancora mossa.

Secondo Cash è quindi lecito chiedersi se la BNS sia intervenuta sul tasso guida inutilmente presto o in modo troppo marcato, viste anche le condizioni congiunturali non negative: il prodotto interno lordo (Pil) dovrebbe salire dell'1,2% nel 2024 e stando alle attuali previsioni la crescita salirà all'1,7% nel 2025. «Non si tratta di un contesto economico che richiede tassi d'interesse bassi», afferma Thomas Stucki, responsabile degli investimenti della Banca cantonale di San Gallo, in una nota.

Abbassare i tassi troppo presto può addirittura avere un effetto indesiderato. Vi è in infatti «il rischio che l'inflazione non rimanga all'interno della fascia obiettivo nel lungo periodo», spiega a Cash Alexandra Janssen, economista presso la società Ecofin. «Inoltre riduce le possibilità di tagliare ulteriormente i tassi in caso di crisi economica».

In secondo luogo, dall'inizio dell'anno il franco svizzero si è complessivamente indebolito rispetto all'euro e al dollaro. L'argomentazione secondo cui un franco forte e il suo impatto negativo giustificherebbero una riduzione dei tassi d'interesse è quindi perlomeno discutibile: secondo Stucki non è valida.

In terzo luogo, il tasso di inflazione dei beni nazionali è attualmente pari al 2%, ovvero al limite superiore della fascia di obiettivo della BNS (0-2%). Secondo Janssen si tratta di un dato importante, che poteva indurre ad attendere più a lungo prima di abbassare il costo del denaro.

Quarto punto, non si vede all'orizzonte una deflazione da contrastare. È vero che l'inflazione è diminuita, che i prezzi dell'elettricità probabilmente scenderanno ancora l'anno prossimo e che gli affitti non dovrebbero aumentare a causa di un tasso di interesse di riferimento più elevato. «Malgrado ciò è però improbabile che il tasso d'inflazione scenda verso lo zero», sostiene Stucki. Le stesse previsioni della BNS stimano che con un tasso guida dell'1,25% il rincaro rimarrà di almeno l'1,0% sino al 2027.

Da parte sua la BNS giustifica le sue decisioni con la minore pressione inflazionistica e con il rincaro che è tornato all'interno della fascia che la banca giudica di stabilità dei prezzi. E Janssen cita anche due ragioni a favore della riduzione dei tassi di interesse. Primo, la massa monetaria si è ridotta in modo significativo negli ultimi due anni e una tale contrazione è un peso: i tagli contrastano tale fenomeno. Secondo, il bilancio della BNS è ancora molto ampio, 850 miliardi di franchi a fine marzo. «Dovrebbe essere ridotto, anche per disinnescare le discussioni politiche sugli utili dell'istituto», sostiene l'esperta. «I tagli ai tassi possono offrire l'opportunità di ridurre il bilancio più rapidamente».

In ogni caso secondo Cash la cartina di tornasole per la politica monetaria si avrà quando il franco tornerà a rafforzarsi. «È probabile che la BNS si innervosisca se l'euro si avvicinerà nuovamente alla soglia dei 95 centesimi o scenderà al di sotto di essa», scrivono i giornalisti. I conflitti geopolitici in corso e le incertezze nell'Eurozona, in particolare in relazione alle difficoltà delle finanze pubbliche in Francia, depongono a sfavore dell'euro e a favore di un aumento delle quotazioni del franco. Sempre secondo Cash è improbabile che la Banca nazionale reagisca con interventi sul mercato dei cambi: sono invece più probabili ulteriori tagli del tasso guida.