WEF A Davos l'élite fa le valige più preoccupata che all'arrivo

SDA

26.5.2022 - 19:13

Il WEF di Davos ha chiuso un'edizione caratterizzata dall'incertezza internazionale.
Il WEF di Davos ha chiuso un'edizione caratterizzata dall'incertezza internazionale.
Keystone

Il Club di Davos, il circolo di miliardari, finanzieri, policy maker che ogni anno si riunisce nelle Alpi svizzere, può festeggiare il ritorno ai meeting in presenza dopo due anni di noiose riunioni davanti a uno schermo.

Ma il clima che si respira al termine di quattro giorni di riunioni è tutt'altro che festoso: sulla guerra in Ucraina, il futuro della globalizzazione, l'andamento del commercio internazionale, la crisi dell'economia fra inflazione alle stelle e rischi di recessione e di una crisi alimentare mondiale, l'élite di Davos torna a casa più preoccupata di quando era arrivata.

L'ultima giornata di riunioni – aperte lunedì con gli appelli del presidente ucraino Zelensky all'Occidente fra gli applausi – si conclude con un intervento del cancelliere tedesco che non ha galvanizzato i presenti. A Mosca Putin alza il livello di tensione, mentre da Washington il segretario di Stato Anthony Blinken descrive il regime cinese di Xi Jinping «più repressivo in casa e più aggressivo all'estero».

Una doccia fredda dietro l'altra per le logiche del World Economic Forum, nato negli anni Settanta come catalizzatore di accordi internazionali che sembravano impossibili, motore del multilateralismo e della globalizzazione, che ora invece – come discusso in lungo e in largo nei panel del Wef – rischia di andare in frantumi fra blocchi commerciali internazionali antagonisti. Le prospettive economiche che emergono a Davos lasciano un sapore amaro.

L'economia americana nel primo trimestre è in rosso

Quasi simbolicamente il ritorno a casa si accompagna con la notizia che l'economia americana nel primo trimestre è in rosso più del previsto, con un -1,5%. Moody's taglia le stime di crescita globale, a 2,6% per le economie avanzate e 3,8% per i Paesi emergenti, e avverte dei rischi di un ulteriore peggioramento da «un'escalation del conflitto militare tra Russia e Ucraina e dal rallentamento oltre le attese della crescita cinese».

Un'analisi della Bloomberg rivela che la fase negativa dell'economia cinese non dà alcun segno di inversione fra i lockdown per il Covid, un'altra spiega che fra frenata della Cina e guerra del Cremlino giunta al 92esimo giorno, il Pil globale e l'inflazione possono solo peggiorare.

Nei corridoi del Congress Center di Davos – accanto al sostegno espresso all'Ucraina accompagnato alla condanna della Russia, non invitata e con i locali della 'Russia House' ribattezzati 'Russia War Crimes House – privatamente i supermanager, gli investitori e molti degli stessi politici sperano in un compromesso onorevole per Kiev e Mosca che metta fine alla guerra. Ma le notizie che arrivano, per ora, vanno in tutt'altra direzione. Una recessione globale farebbe del 2022 un annus horribilis, falcidiando bilanci e dividendi nell'anno che doveva coronare la rinascita post-pandemica.

Una «tempesta perfetta»

Una «tempesta perfetta» secondo Beata Javorcik, capo economista della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. È la stessa espressione che usa Andrea Illy, presidente di Illycaffè, per descrivere la situazione dei prezzi del caffè: fra cambiamento climatico che ha compromesso il 20% dei raccolti, problematiche nel packaging, crisi del commercio globale che minaccia la logistica, trasporti più costosi per i prezzi energetici, si prevede che i costi non scendano fino a metà 2023, dopo essere raddoppiati in poco più di un anno.

È questo il mood con cui i partecipanti della Davos 2022 in versione primaverile – il consueto appuntamento di gennaio era slittato causa Omicron – fanno le valigie per tornarsene a casa. Nessuno sa come andrà a finire: «non sappiamo cos'ha in testa Putin», aveva avvertito già lunedì mattina l'esperto di geopolitica Ian Bremmer, fondatore e presidente di Eurasia Group. Appuntamento al prossimo gennaio, incrociando le dita.