Petrolio Il Qatar lascia l'Opec

ATS

3.12.2018 - 19:48

Il ministro degli Affari energetici del Qatar Saad Sherida al-Kaabi
Il ministro degli Affari energetici del Qatar Saad Sherida al-Kaabi
Source: KEYSTONE/EPA/STR

Concentrarsi sulla produzione di gas. Con questa motivazione ufficiale, dietro cui si nasconde però un aspro scontro con l'Arabia Saudita, il Qatar fra poche settimane lascerà l'Opec, il cartello dei Paesi produttori di petrolio nel quale militava dal lontano 1961.

La notizia piomba con un fulmine a ciel sereno, del tutto inaspettata, sul mercato del greggio, che è in attesa proprio delle decisioni dell'Opec in merito alle quote di produzione nel meeting in programma a Vienna giovedì prossimo, 6 dicembre.

Ad annunciare l'addio all'organizzazione, che avverrà a gennaio, è stato il ministro degli Affari energetici, Saad Sherida al-Kaabi: "Il Qatar - ha detto in una conferenza stampa a Doha - ha deciso di ritirare la propria appartenenza all'Opec con effetto da gennaio 2019. Non abbiamo un grande potenziale (sul petrolio, ndr), siamo realistici. Il nostro potenziale è nel gas", in particolare in quello liquefatto, di cui il Paese è il primo esportatore mondiale. "Continueremo a dominare il mercato del gas e ad essere dei leader nel mercato del gas per il prossimo futuro", ha aggiunto.

Il ruolo dell'emirato sul mercato del petrolio, effettivamente, non è centrale, con la sua 11esima posizione tra i produttori del cartello con una quota inferiore al 2% delle estrazioni totali. La sua decisione, pertanto, non potrà avere un impatto significativo sulle decisioni che l'organizzazione sarà chiamata a prendere fra pochi giorni, tuttavia si tratta di un gesto non solo sorprendente, ma spia di una situazione geopolitica incandescente: "Il simbolismo - ha spiegato all'agenzia Bloomberg Helima Croft, analista della Royal Bank of Canada (Rbc) - è profondo. Dal momento che concentrarsi sul Gnl (gas naturale liquefatto) non dovrebbe essere incompatibile con l'appartenenza all'Opec, la mossa condurrà invariabilmente molti a concludere che le divisioni geopolitiche sono diventate ingestibili".

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