Italia Solo il 15% dei nuovi contratti è a tempo indeterminato

SDA

8.11.2022 - 19:00

È difficile, nella penisola, trovare un lavoro che non sia a termine.
È difficile, nella penisola, trovare un lavoro che non sia a termine.
Keystone

Il mercato del lavoro italiano appare ancora intrappolato nella precarietà: dei nuovi contratti attivati nel 2021 solo il 14,8% era a tempo indeterminato mentre il tempo determinato riguardava il 69,8% delle nuove attivazioni.

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Sono alcuni dei numeri contenuti nel rapporto 2022 dell'Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche (Inapp), un ente pubblico che si occupa di analisi del settore. Le attivazioni di contratti stabili riguardavano il 16,7% dei contratti totali nel 2020 e il 15,2% nel 2019. Nel 2018, prima dell'introduzione del Decreto dignità e della stretta sulle assunzioni a termine, i contratti a tempo indeterminato erano il 14,6% del totale.

L'Italia – sottolinea l'Inapp – è l'unico dell'area Ocse nel quale, dal 1990 al 2020, il salario medio annuale reale è diminuito (-2,9%) a fronte di aumenti di oltre il 30% in Francia e Germania.

Nell'insieme il lavoro atipico (ovvero tutte quelle forme di contratto diverse dal contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a tempo pieno) rappresenta l'83% delle nuove attivazioni con un aumento del 34% negli ultimi 12 anni.

«Alcune debolezze sembrano essersi cronicizzate»

«Malgrado alcuni segnali confortanti» – afferma il presidente Inapp, Sebastiano Fadda – «alcune debolezze del nostro sistema produttivo sembrano essersi cronicizzate, con il lavoro che appare intrappolato tra bassi salari e scarsa produttività. Per questo occorre pensare ad una 'nuova stagione' delle politiche del lavoro, che punti a migliorare la qualità dei posti di lavoro, soprattutto per i neoassunti e per i lavoratori a basso reddito, per le posizioni lavorative precarie e con poche possibilità di carriera, dove le donne e i giovani sono ancora maggiormente penalizzati».