FormazioneL'esperto: «Laureati che lavorano a tempo parziale approfittano della società»
hm, ats
19.12.2022 - 14:01
La cassiera del supermercato che paga gli studi al dottore: è il paradosso, legato alla diffusione del lavoro part-time, denunciato da Stefan Wolter, professore all'università di Berna.
Keystone-SDA, hm, ats
19.12.2022, 14:01
19.12.2022, 14:16
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I laureati che lavorano a tempo parziale approfittano di una formazione a carico della società, ma non pagano poi sufficienti imposte per rimborsare i costi da loro causati: a passare alla cassa è così chi è meno istruito, argomenta l'esperto, che propone tasse di studio posticipate. Un'idea che però non piace a sinistra, sebbene – stando allo specialista – andrebbe a beneficio dei meno abbienti.
«Con il perdurare della tendenza al lavoro part-time, l'istruzione non sarà più un investimento conveniente dal punto di vista della società, poiché i costi rimarranno invariati ma il gettito fiscale di chi ha studiato non li coprirà più nel corso della vita lavorativa», sostiene in un'intervista pubblicata oggi dal Tages-Anzeiger il direttore del Forschungsstelle für Bildungsökonomie (centro di ricerca per l'economia formativa) dell'ateneo della città federale.
«In tal modo a lungo andare non ci saranno soldi per la prossima generazione e la carenza di lavoratori qualificati si aggraverà. Questo vuol dire che chi ha poca istruzione paga i costi formativi a chi ce l'ha: e non può essere che gli studi del medico che lavora a tempo parziale siano pagati dalla cassiera».
Quale soluzione?
Wolter ha in mente un meccanismo per risolvere il dilemma: costringere le persone che hanno studiato e che non versano sufficienti imposte a fare maggiormente la loro parte.
«Posso avanzare un esempio. Un'istruzione terziaria costa 100'000 franchi, un costo che deve essere compensato da imposte aggiuntive. Come paragone prendiamo una persona senza istruzione terziaria che paga 5000 franchi all'anno di tasse sul reddito. Con un periodo di ammortamento di (ad esempio) 25 anni l'accademico dovrebbe pagare 4000 franchi in più di tasse sul reddito ogni anno per evitare di aver studiato a spese del contribuente meno istruito. Se paga quella cifra o più (cioè 5000+4000=9000 franchi) non sentirà nulla dell'imposta posticipata. Ma se paga solo 7000 franchi in un anno, 2000 franchi dovranno essere pagati in arretrato».
Da questa «nachgelagerte Studiengebühr» – tassa sugli studi posticipata – l'esperto si aspetta un cambiamento degli incentivi. «I diplomati delle scuole superiori dovrebbero pensare più attentamente a ciò che vogliono studiare e si dovrebbe fare molto di più per garantire che anche in seguito lavorino.
A lungo termine, non possiamo permetterci di formare due o tre persone a livello universitario per ogni lavoro a tempo pieno. Inoltre, la garanzia che coloro che hanno beneficiato del sostegno dello stato restituiranno poi abbastanza alla società dovrebbe evitare una polarizzazione tra chi sta in basso e chi sta in alto».
Chi e perché si oppone a tale modello?
La proposta appare sociale, ma la resistenza maggiore arriva da sinistra. «È vero», osserva l'ex capoeconomista dell'Ufficio federale dello sviluppo economico e dell'impiego, una delle due entità che nel 1999 hanno dato vita alla Seco. la Segreteria di Stato dell'economia. «Abbiamo realizzato un sondaggio con 6000 persone: poco meno della metà di quelle di sinistra è d'accordo. E più si va a destra, maggiore è l'approvazione: fino al 70%».
Gli argomenti degli oppositori «sono i soliti», osserva Wolter. «L'istruzione non deve essere economizzata; gli studenti devono poter scegliere le loro materie senza vincoli economici; l'istruzione gratuita è un diritto umano; l'idea va contro lo spirito del tempo, che richiede che sempre più persone possano conciliare meglio famiglia e carriera grazie al lavoro part-time», riassume lo specialista.
«Le persone che avanzano queste argomentazioni non si accorgono però che solo chi ha un'istruzione universitaria gode di tali vantaggi: chi non è laureato e non ha un salario così alto da potersi permettere un lavoro tempo parziale sarebbe chiamato a passare alla cassa», conclude il docente.