Mercato immobiliarePrezzo di case e appartamenti è aumentato sensibilmente nel 2020
hm, ats
25.2.2021 - 14:01
Anche in un contesto di coronavirus i prezzi delle abitazioni in proprietà sono aumentati in Svizzera nel 2020: il costo delle case unifamiliari è salito del 2,9%, quello degli appartamenti del 3,1%, in base all'indice dei prezzi delle transazioni di Raiffeisen.
Le differenze regionali sono però notevoli, sottolinea uno studio pubblicato oggi dal gruppo bancario. Nella Svizzera centrale e nord-occidentale gli acquirenti hanno dovuto pagare quasi il 7% in più per le case, mentre i prezzi nella regione del Lago Lemano sono saliti solo dello 0,4%. Per quanto riguarda la proprietà per piani, l'incremento maggiore è stato segnato dalle grandi regioni di Zurigo (+4,7%) e della Svizzera orientale (+4,0%), mentre il rialzo minore è stato osservato nella Svizzera meridionale (+0,9%), che comprende anche Ticino e Grigioni.
L'aumento dei prezzi continuerà anche quest'anno, si dicono convinti gli esperti di Raiffeisen. Grazie ai tassi costantemente bassi la proprietà rimane infatti estremamente attraente rispetto alla locazione: nel 2020 i costi abitativi totali per un alloggio medio da 3 a 4.5 locali erano più bassi di quasi un terzo. «Per le economie domestiche propense alla proprietà che soddisfano le direttive di sostenibilità e i requisiti di capitale proprio l'acquisto di un'abitazione è e rimane una decisione economicamente sensata dal punto di vista dei costi», afferma Martin Neff, economista capo di Raiffeisen, citato in un comunicato.
Sul fronte commerciale va segnalata l'affermazione del telelavoro, che minaccia il mercato delle superfici adibite a ufficio. Per ora non si rileva però quasi nessun effetto dovuto al coronavirus: con circa il 10,5% la quota di superfici libere è in linea con quella degli ultimi anni. Inoltre nonostante la crisi i prezzi di locazione degli spazi per uffici non sono diminuiti. «Nel mercato immobiliare, come sappiamo, gli ingranaggi girano un po' più lentamente che altrove», spiega Neff. Ci vorrà del tempo per vedere gli effetti dei mutamenti in atto, perché il mercato «è caratterizzato da contratti di locazione a lungo termine e l'implementazione di modelli di lavoro flessibili non può avvenire dall'oggi al domani».
Lo studio si occupa anche del fenomeno, in crescita, della condivisione di un'abitazione: dieci anni fa i coinquilini erano solo l'1,5% degli svizzeri, una quota salita al 2,7% nel 2018. Stando agli estensori della ricerca non sono solo gli studenti ad aver optato da tempo per questa forma abitativa vantaggiosa e flessibile: anche giovani lavoratori e stranieri immigrati da poco sono attratti da forme di abitazione comune, soprattutto nei grandi centri urbani. Per gran parte di loro si tratta solo di una soluzione temporanea, ma si registrano anche molte comunità di inquilini a carattere permanente in tutte le fasce di età e di reddito.
L'appartamento condiviso da due persone è il più popolare (86%), seguono le soluzioni a tre (12%), quattro (2%) e cinque (0,6%) inquilini. Con una quota del 59%, le donne abitano più spesso degli uomini in comunità. Il residente medio in appartamento condiviso percepisce un reddito annuo da attività lucrativa di circa 65'000 franchi; decisamente sottorappresentati sono i lavoratori con salari superiori a 100'000 franchi.
Contrariamente agli altri segmenti nel mercato immobiliare, il Covid-19 sembra aver lasciato tracce evidenti in questo segmento dinamico e flessibile. Con la didattica a distanza e il telelavoro i motivi principali per vivere in una comunità, come la vicinanza al centro di formazione o al posto di lavoro, sono improvvisamente svaniti. «La richiesta di stanze in appartamento condiviso in questo mercato in grado di reagire in modo dinamico è crollata», spiega Neff. Dall'analisi dei dati della grande piattaforma wgzimmer.ch è emerso che il numero di visualizzazioni per la ricerca di camere è scesa del 20% rispetto al livello dell'anno precedente. La tendenza verso la coabitazione riscontrata negli ultimi anni accusa dunque una battuta d'arresto, almeno temporanea, per via della pandemia.
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