Le società con sede in Svizzera nel 2019 hanno rimpatriato dalle affiliate all'estero più fondi di quanti ve ne abbiano investiti: il rimpatrio netto è ammontato a 42 miliardi di franchi.
Stando ai dati resi noti oggi dalla Banca nazionale svizzera (BNS) i disinvestimenti sono da ricondurre al settore terziario: hanno in particolare operato ingenti trasferimenti verso la Confederazione le aziende del commercio (27 miliardi) nonché le società finanziarie e le holding (20).
I disinvestimenti hanno riguardato prevalentemente le affiliate in Europa (36 miliardi). A incidere in maniera preponderante sono stati gli elevati rimpatri dal Lussemburgo e dall'Irlanda, importanti sedi di società holding. Per contro in gran parte delle restanti realtà europee – in particolare in Ungheria, ma anche nel Regno Unito, in Germania e in Belgio – le ditte elvetiche hanno ampliato i loro investimenti.
Gli investimenti diretti all'estero sono ammontati a 1445 miliardi di franchi, di cui 1355 miliardi (94%) costituiti da partecipazioni e 90 miliardi (6%) da crediti infragruppo. A detenere lo stock di capitale oltre frontiera di gran lunga più cospicuo, pari a 580 miliardi di franchi (40%), sono state le società finanziarie e le holding, seguite da quelle della chimica e delle materie plastiche (177 miliardi). I redditi da investimenti diretti oltre confine, pari a 91 miliardi, sono risultati inferiori ai 102 miliardi del 2018.
Nel periodo considerato le imprese a controllo svizzero nazionale esercitavano un'influenza dominante su 19'580 affiliate all'estero, le quali impiegavano 2'073'000 persone e registravano un fatturato annuo pari a 741 miliardi di franchi. Rispetto all'anno precedente il numero degli occupati risultava diminuito di 54'000 unità (-3%), mentre il fatturato mostrava un lieve aumento di 7 miliardi (+1%). Le imprese che detengono partecipazioni al di là della frontiera sono importanti datori di lavoro anche in Svizzera: occupavano 547'000 persone all'interno dei confini nazionali.
Sul fronte opposto – quello degli investimenti diretti esteri in Svizzera – come l'anno prima anche nel 2019 si è registrato in un rimpatrio netto di fondi, pari a 79 miliardi (2018: 67). Un volume elevato di disinvestimenti è risultato dalle operazioni creditizie infragruppo (50 miliardi) – dovute perlopiù a ristrutturazioni – ma ha inciso anche la riduzione delle partecipazioni incentivate dalla riforma fiscale degli Stati Uniti ("Tax Cuts and Jobs Act"). Gli investitori esteri hanno effettuato nuovi investimenti unicamente sotto forma di utili reinvestiti, i quali sono stati pari a 18 miliardi di franchi.
Il rimpatrio di fondi ha interessato il settore dei servizi (81 miliardi). Sono stati invece ampliati su base netta gli investimenti da oltre confine nelle imprese del settore industriale (3 miliardi).
Le consistenze di investimenti diretti esteri in Svizzera sono ammontate a 1370 miliardi di franchi, di cui 1358 miliardi (99%) costituiti da partecipazioni e 12 miliardi (1%) da crediti infragruppo. L'83% proveniva da investitori dell'Ue e il 6% dagli Stati Uniti. Secondo gli esperti della BNS questa ripartizione illustra però male la situazione, visto il ricorso a società intermedie. Per questo motivo la banca centrale pubblica una scomposizione alternativa degli stock di capitale, basata sul paese dell'investitore ultimo: secondo questa suddivisione gli investitori degli Stati Uniti controllavano il 48% delle consistenze, quelli dell'Ue il 28%.
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