Unione europea Corte Ue: controlli a frontiere non devono superare 6 mesi

SDA

26.4.2022 - 11:31

Profughi in attesa di superare il confine a Spielfeld nel novembre del 2015.
Profughi in attesa di superare il confine a Spielfeld nel novembre del 2015.
Keystone

«In caso di minaccia grave per il suo ordine pubblico o la sua sicurezza interna, uno Stato membro (dello spazio di Schengen) può ripristinare un controllo di frontiera con altri Stati membri ma senza superare una durata massima totale di sei mesi».

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Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) nella sentenza con cui ha concluso il caso di un cittadino austriaco che aveva fatto ricorso al Tribunale con sede in Lussemburgo contro i controlli reiterati da Vienna ad un valico di frontiera con la Slovenia. Per la CGUE uno Stato può applicare nuovamente la misura per altri sei mesi ma solo se si trova di fronte ad una minaccia diversa dalla precedente.

«Con la sua sentenza odierna – si legge nella nota del tribunale europeo – la Corte ricorda che il codice frontiere Schengen pone il principio secondo cui le frontiere tra gli Stati membri possono essere attraversate in qualunque punto senza che siano effettuate verifiche sulle persone, indipendentemente dalla loro nazionalità. Si tratta qui di una delle principali conquiste dell'Unione, ossia la creazione di un spazio di libera circolazione delle persone, senza frontiere interne. Pertanto, il ripristino del controllo alle frontiere interne dovrebbe costituire un'eccezione e una misura di ultima istanza».

«Così, in primo luogo, il codice frontiere Schengen consente a uno Stato membro, in caso di minaccia grave per il suo ordine pubblico o la sua sicurezza interna, di ripristinare temporaneamente un controllo di frontiera alle sue frontiere con altri Stati membri. Tuttavia, la Corte constata che una siffatta misura, incluse eventuali proroghe, non può superare una durata massima totale di sei mesi», si spiega ancora.

Nel caso esaminato il cittadino N. W. in uno dei numerosi periodi in cui l'Austria aveva ripristinato i controlli ai valichi per la crisi migratoria del 2015, aveva fatto ricorso a un tribunale della Stiria in quanto era stato più volte sottoposto e controlli – al valico di Spielfeld, tra Austria e Slovenia – tra l'agosto e il novembre 2019 e, dopo aver rifiutato in un caso di mostrare il passaporto, era stato sanzionato con una multa di 36 euro (37,20 franchi al cambio attuale). Il tribunale austriaco ha deciso poi di sottoporre la questione alla CGUE.

«Nel caso di specie, sembra che, dal 10 novembre 2017, data di scadenza dell'ultima delle quattro raccomandazioni del Consiglio, l'Austria non abbia dimostrato l'esistenza di una nuova minaccia, di modo che le due misure di controllo di cui N. W. è stato oggetto sarebbero incompatibili con il codice frontiere Schengen, circostanza che spetterà comunque al Tribunale amministrativo regionale della Stiria verificare. Peraltro, la Corte constata che una persona non può essere obbligata, a pena di sanzione, a esibire un passaporto o una carta d'identità al momento del suo ingresso in provenienza da un altro Stato membro, qualora il ripristino del controllo di frontiera sia contrario al codice frontiere Schengen», spiega la Corte.