L'ex premier italiano Giuliano Amato chiede che venga detta la verità sulla strage di Ustica.
La carlinga del DC9 è stata recuperata quasi completamente intatta. SI stima che si sia estratto dall'acqua il 96% del relitto.
Il lavoro di pulizia delle prove è durato a lungo. Questa foto risale al 2018. L eprati del relitto sono state recuperate dal fondo del mare in due operazioni distinte: nel 1987 e nel 1991.
Gli esperti pensano d'aver recuperato, in totale, l'85% dell'aereo.
Il relitto è stato ricomposto in un hangar dell'aeroporto di Pratica di Mare (qui in una foto del 2003), dove è rimasto a disposizione della magistratura per le indagini fino al 5 giugno 2006, data in cui è stato trasferito nel Museo della Memoria, creato appositamente a Bologna.
A view of the pieces in boxes and bags of the reconstructed wreckage, in background right, of the Itavia DC-9 passenger jetliner which crashed near the tiny Mediterranean island of Ustica June 27, 1980, in a hangar in Pratica di Mare, near Rome, Monday Dec. 15, 2003. Italian prosecutors sought the convictons Friday Dec. 19, 2003 of two retired generals for treason and other charges for an alleged cover-up in the Ustica airplane disaster that killed 81 people. The Ustica crash is one of Italy's enduring modern mysteries. Officials have admitted in the past that the truth might never emerge. (AP Photo/Emiliano Grillotti)
Il primo ministro italiano Giuliano Amato in una foto del 28 novembre 2000, durante una conferenza stampa.
La strage di Ustica, parla Giuliano Amato
L'ex premier italiano Giuliano Amato chiede che venga detta la verità sulla strage di Ustica.
La carlinga del DC9 è stata recuperata quasi completamente intatta. SI stima che si sia estratto dall'acqua il 96% del relitto.
Il lavoro di pulizia delle prove è durato a lungo. Questa foto risale al 2018. L eprati del relitto sono state recuperate dal fondo del mare in due operazioni distinte: nel 1987 e nel 1991.
Gli esperti pensano d'aver recuperato, in totale, l'85% dell'aereo.
Il relitto è stato ricomposto in un hangar dell'aeroporto di Pratica di Mare (qui in una foto del 2003), dove è rimasto a disposizione della magistratura per le indagini fino al 5 giugno 2006, data in cui è stato trasferito nel Museo della Memoria, creato appositamente a Bologna.
A view of the pieces in boxes and bags of the reconstructed wreckage, in background right, of the Itavia DC-9 passenger jetliner which crashed near the tiny Mediterranean island of Ustica June 27, 1980, in a hangar in Pratica di Mare, near Rome, Monday Dec. 15, 2003. Italian prosecutors sought the convictons Friday Dec. 19, 2003 of two retired generals for treason and other charges for an alleged cover-up in the Ustica airplane disaster that killed 81 people. The Ustica crash is one of Italy's enduring modern mysteries. Officials have admitted in the past that the truth might never emerge. (AP Photo/Emiliano Grillotti)
Il primo ministro italiano Giuliano Amato in una foto del 28 novembre 2000, durante una conferenza stampa.
«Dopo quarant'anni le vittime innocenti di Ustica non hanno avuto giustizia. Perché continuare a nascondere la verità? È arrivato il momento di gettare luce su un terribile segreto di Stato. Potrebbe farlo Macron. E potrebbe farlo la Nato».
Lo dice l'ex premier italiano Giuliano Amato, che rivela a Repubblica la sua versione della strage del 1980. «Chi sa ora parli: avrebbe grandi meriti verso le famiglie delle vittime e verso la Storia», afferma.
«La versione più credibile, afferma, è quella della responsabilità dell'aeronautica francese, con la complicità degli americani. Si voleva fare la pelle a Gheddafi, in volo su un Mig della sua aviazione. Il piano prevedeva di simulare una esercitazione della Nato, una messa in scena che avrebbe permesso di spacciare l'attentato come incidente involontario».
«Gheddafi, prosegue Amato, fu avvertito del pericolo e non salì sul suo aereo. E il missile sganciato contro il Mig finì per colpire il Dc9. L'ipotesi più accreditata è che quel missile sia stato lanciato da un caccia francese».
Nell'incidente morirono 81 persone
L' incidente aereo, giova ricordarlo, è avvenuto, stando alle indagini, alle 20:59 del 27 giugno 1980 nel Mar Tirreno meridionale, nei cieli tra le isole italiane di Ponza e Ustica.
Vi fu coinvolto il volo di linea IH870 della compagnia aerea Itavia, partito da Bologna-Borgo Panigale e diretto a Palermo-Punta Raisi.
Nell'incidente morirono tutti i 77 passeggeri e i quattro membri dell'equipaggio. È il quarto disastro aereo italiano per numero di vittime.
«C'era una verità che andava schermata»
«Da principio i militari si erano chiusi in un silenzio blindato, ostacolando le indagini. E quando da sottosegretario ebbi un ruolo in questa vicenda, nel 1986, cominciai a ricevere le visite dei generali che mi volevano convincere della tesi della bomba.».
«Capivo che c'era una verità che andava schermata. E la nostra aeronautica era schierata in difesa della menzogna».
«Avrei saputo più tardi, ma senza averne prova, dichiara ancora, che era stato Craxi ad avvertire Gheddafi. Non aveva interesse che venisse fuori: sarebbe stato incolpato di infedeltà alla Nato e di spionaggio».
«Non era del tutto irragionevole che i generali, per tenere al sicuro il segreto, si guardassero bene dal condividerlo con i politici», prosegue, e la politica, da parte sua, «non aveva convenienza a sapere fino in fondo. In ogni modo la verità risultava scomoda. Ed era meglio lasciarla sepolta».
«Perché Macron non vuole lavare l'onta?»
Tra fedeltà alla Costituzione e fedeltà alla Nato, sostiene Amato, è prevalsa la seconda: «Un apparato costituito da esponenti militari ha negato ripetutamente la verità. Tutte queste persone hanno coperto il delitto per una ragion di Stato.»
«Non giustifico e tuttavia comprendo le spinte che portarono all'occultamento della verità, ma 40 anni dopo è difficile da capire.»
«Mi chiedo perché Macron, anche anagraficamente estraneo alla tragedia, conclude Amato, non voglia togliere l'onta che pesa sulla Francia. O dimostrando che questa tesi è infondata oppure porgendo le scuse più profonde all'Italia e alle famiglie delle vittime in nome del suo governo».