Palma d'oro a Cannes Bong Joon-ho, il regista coreano che ama Morandi e somiglia ad Al Bano

ATS

26.5.2019 - 17:52

Il vincitore della Palma d'oro Bong Joon-ho assieme all'attrice francese Catherine Deneuve durante la cerimonia di premiazione
Il vincitore della Palma d'oro Bong Joon-ho assieme all'attrice francese Catherine Deneuve durante la cerimonia di premiazione
Source: KEYSTONE/AP Invision/VIANNEY LE CAER

Ama Gianni Morandi, ma somiglia ad Al Bano giovane e vive a Seul. Il cinquantenne Bong Joon-ho, prima Palma d'oro della Corea del Sud con «Parasite», è un uomo che non manca di spirito e non potrebbe essere altrimenti.

Ha portato sulla Croisette una commedia nera che di più non si può e che ricorda quelle all'italiana davvero cattive, alla Risi. Di scena una lotta tra ricchi e poveri in una Seul, una delle città più popolose del mondo con oltre venti milioni di abitanti, dove tra povertà e ricchezza corre una lunga distanza.

«Non è vero che l'umorismo tipico dei coreani non sia compreso all'estero», sottolinea soddisfatto Bong Joo alla conferenza stampa dei vincitori , «una storia familiare di lotta tra ricchi e poveri è qualcosa di universale, comprensibile per gli spettatori di tutto il mondo».

Ma chi è il regista del film che sarà distribuito in Italia da Academy Two (il distributore ha, tra l'altro, accolto la richiesta del regista di conoscere Morandi che a sua volta ha accettato). Figlio di un designer, laureato in sociologia all'Università Yonsei, appassionato di cinema sin dall'adolescenza, e amante di registi come Shōhei Imamura e Hou Hsiao-hsien, Bong Joon-ho nel 2003 con il giallo, «Memories of Murder» vince a San Sebastián e Torino.

Nel 2006 gira poi il film campione di incassi «The Host», che passa proprio al Festival di Cannes, nel 2011, sempre sulla Croisette è presidente di giuria della Caméra d'or. Nel 2013 dirige «Snowpiercer» e due anni fa torna al festival di Cannes, non senza polemiche con «Okja» prodotto da Netflix.

Come tanti scrittori meridionali, prende ispirazione nei bar: «mi piace – dice – andare al bar, mettermi in un posto d'angolo e ascoltare quello che dice la gente. C'è sempre tanto da imparare».

Sui diversi riferimenti e battute alla temuta Corea del Nord, spiega: «Ci scherziamo sempre su queste cose e soprattutto sui bunker super attrezzati che sono molto comuni nelle ville dei ricchi e che sono aumentati con la paura di attacchi nordcoreani».

L'ispirazione, racconta, gli è arrivata con questa domanda: «cosa accadrebbe se due famiglie – una ricca e una povera, che occupano quartieri molto diversi – si incontrassero? Cosa accadrebbe poi se quei due mondi dovessero alla fine scontrarsi?» .

Il fatto poi che ci sia stata unanimità da parte della giuria «mi ha reso veramente felice», dice Bong Joon-ho che cita tra i suoi riferimenti Chabrol e Hitchcock. Anche perché, aggiunge, «io faccio film di genere e non è affatto scontato che siano apprezzati».

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