Come temuto, il bilancio del crollo della diga di scarti minerari dell'azienda Vale a Brumadinho, nel Minas Gerais, si è aggravato. I morti accertati sono ora 34, mentre vi sono ancora oltre 200 dispersi.
Secondo le autorità brasiliane, il crollo ha provocato il versamento di circa 13 milioni di metri cubi di rifiuti minerari, il che equivale a circa il 20% del materiale fuoriuscito dopo il crollo di Mariana, nel 2013.
La priorità del momento, ha sottolineato il presidente brasiliano Bolsonaro, che sabato si è recato personalmente sul posto, è la ricerca di possibili sopravvissuti, diventata più difficile nelle ultime ore a causa delle forti piogge che si sono abbattute sul Minas Gerais, che rendono ancora più difficile l'accesso alle zone investite dalla valanga di fango e rifiuti fuoriuscita dalla diga.
Nel frattempo, le immagini della distruzione e la desolazione seminata dal disastro rimbalzano sui media locali, mentre la polizia ha aperto un'inchiesta sul crollo della diga e un tribunale del Minas Gerais ha ordinato il blocco di un miliardo di reais (circa 265 milioni di dollari) nei conti della Vale, leader globale nella produzione ed esportazione di minerale di ferro, per "coprire le necessità più urgenti delle vittime".
Duro il commento di Greenpeace di fronte a questa nuova catastrofe, che definisce "crimine ambientale". "Questo nuovo disastro dimostra disgraziatamente che lo Stato e le compagnie del settore minerario non hanno imparato la lezione", ha detto Nino D'Avila, portavoce dell'organizzazione, secondo il quale "questi non sono incidenti, sono crimini ambientali che devono essere investigati, puniti e riparati".