Attentati nel 2015 Francia; Abdeslam: «ho sbagliato ma non sono un assassino»

SDA

27.6.2022 - 12:47

Si è chiuso in Francia il maxi-processo per gli attentati del 13 novembre 2015 tra lo Stade de France, il Bataclan e i locali del centro di Parigi (foto d'archivio)
Si è chiuso in Francia il maxi-processo per gli attentati del 13 novembre 2015 tra lo Stade de France, il Bataclan e i locali del centro di Parigi (foto d'archivio)
Keystone

Si è chiuso in Francia il maxi-processo per gli attentati del 13 novembre 2015 tra lo Stade de France, il Bataclan e i locali del centro di Parigi.

27.6.2022 - 12:47

Lunedì mattina, i quattordici imputati hanno avuto l'ultima occasione di esprimersi dinanzi ai giudici della corte d'assise speciale prima del verdetto atteso per mercoledì sera.

Nella sua ultima dichiarazione, il principale imputato, Salah Abdeslam, unico membro ancora in vita dei commando terroristici che quella notte uccisero 130 persone, ha dichiarato: «È vero, ho commesso errori, ma non sono un assassino, non sono un killer, se mi condannate per omicidio, commettereste un'ingiustizia».

Chiesta la condanna più pesante possibile

Durante il maxi-processo cominciato lo scorso settembre nell'aula bunker dell'ìle-de-la-Cité, nel cuore di Parigi, Abdeslam si è mostrato ambivalente, oscillando tra l'arroganza della prima udienza, quando si proclamò «combattente dello Stato islamico'' (Isis), a quando invece, sul finire, ha presentato le «condoglianze e le scuse a tutte le vittime».

Dinanzi ai giudici, si è difeso assicurando di aver rinunciato ad azionare la sua cintura esplosiva in un bar del XVIII/o arrondissement di Parigi, sulle pendici di Montmartre, per «umanità».

Poco convinta da questo «numero da equilibrista», la procura antiterrorismo (Pnat) ha chiesto per lui l'ergastolo senza possibilità di ricorso, la condanna più pesante prevista dall'ordinamento francese.

Scuse sincere?

Intervenendo in aula prima della chiusura del maxi-processo, Abdeslam ha detto che le sue «ultime parole sono per le vittime».

«Vi ho già presentato le scuse – ha proseguito – alcuni vi diranno che non sono sincere, che sono una strategia (...) come se delle scuse potessero essere insincere rispetto a tanta sofferenza». «L'ergastolo – ha continuato – è senza dubbio all'altezza dei fatti, ma non all'altezza degli uomini che sono nei box».

E ancora: «L'opinione pubblica pensa che io fossi ai tavolini dei bar a sparare sulla folla, che fossi al Bataclan. Sapete che questo è l'opposto della verità».

In tre sono rimasti in silenzio

Gli altri tredici imputati presenti a Parigi si sono alzati uno per uno per esprimere in alcuni casi «pentimento», «scuse» e «condoglianze» alle vittime. «Ho fiducia nella giustizia», «mi attendo molto dal vostro verdetto», hanno dichiarato diversi di loro in questo ultimi giorno di processo prima della sentenza attesa dopodomani.

Per uno dei legali di Abdeslam, Olivia Ronen, l'ergastolo senza possibilità di ricorso richiesto contro di lui equivale ad una «pena di morte lenta».

La stessa condanna è stata richiesta nei confronti del suo amico d'infanzia, Mohamed Abrini, ritenuto complice negli attacchi. Tre altri imputati contro cui è stato richiesto il carcere a vita – Osama Krayem, Sofien Ayari e Mohamed Bakkali – hanno preferito restare in silenzio.

«I dibattiti sono chiusi»; ha dichiarato il presidente della corte, Jean-Louis Périès, al termine di questa 148/a giornata di udienze.

In totale sono venti gli imputati nel processo parigino: 14 presenti più altri sei processati in loro assenza (5 sono presunti morti). Le pene richieste contro di loro vanno dai 5 anni di carcere all'ergastolo.

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