L'anatomia del 'cuore' di Marte viene svelata per la prima volta grazie allo studio della propagazione delle onde sismiche registrate dalla sonda InSight della Nasa: i dati hanno permesso di stimare lo spessore della crosta, la struttura del mantello e le dimensioni del nucleo, un tipo di mappatura che finora era stata effettuata solo per la Terra.
Grazie al sismometro SEIS, un team del Politecnico di Zurigo, insieme a partner internazionali, ha potuto guardare per la prima volta dentro Marte. Sono così riusciti a misurare la crosta, il mantello e il nucleo del Pianeta Rosso e sono stati in grado di ottenere numerose nuove conoscenze sulla loro composizione (Nasa)
Il lander della missione InSight Mars, che da novembre 2018 sta effettuando misurazioni con vari dispositivi che dovrebbero fornire informazioni sulla formazione del Pianeta Rosso. Il più importante di questi è il sismometro (bordo inferiore sinistro dell'immagine), i cui dati raccolti vengono analizzati dall'ETH di Zurigo (Nasa).
Il sismometro a taglio, le cui misurazioni dei terremoti di Marte sono valutate dall'ETH di Zurigo. Il dispositivo, che l'ETH ha contribuito a sviluppare, ha già fornito dati che hanno portato a intuizioni completamente nuove sulla struttura di Marte. (Foto per la stampa).
Grazie al sismometro SEIS, un team del Politecnico di Zurigo, insieme a partner internazionali, ha potuto guardare per la prima volta dentro Marte. Sono così riusciti a misurare la crosta, il mantello e il nucleo del Pianeta Rosso e sono stati in grado di ottenere numerose nuove conoscenze sulla loro composizione (Nasa)
Il lander della missione InSight Mars, che da novembre 2018 sta effettuando misurazioni con vari dispositivi che dovrebbero fornire informazioni sulla formazione del Pianeta Rosso. Il più importante di questi è il sismometro (bordo inferiore sinistro dell'immagine), i cui dati raccolti vengono analizzati dall'ETH di Zurigo (Nasa).
Il sismometro a taglio, le cui misurazioni dei terremoti di Marte sono valutate dall'ETH di Zurigo. Il dispositivo, che l'ETH ha contribuito a sviluppare, ha già fornito dati che hanno portato a intuizioni completamente nuove sulla struttura di Marte. (Foto per la stampa).
I risultati, pubblicati in tre studi internazionali che conquistano la copertina di Science, aiuteranno a fare luce sulla formazione e l'evoluzione del Pianeta Rosso.
«E' come auscultare il battito cardiaco di un paziente per capire le sue condizioni di salute», commenta Filippo Giacomo Carrozzo, ricercatore dell'Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali dell'Inaf.
«InSight lo ha fatto grazie a un sismometro molto sensibile, capace di rivelare tremori del sottosuolo delle dimensioni di un atomo di idrogeno». La sonda della Nasa, approdata su Marte a fine 2018, ha iniziato a rilevare terremoti a febbraio 2019, «dandoci la prima conferma diretta della loro esistenza: le scosse registrate hanno tutte magnitudo inferiore a 4 e hanno per lo più origine nella crosta».
La loro propagazione nel sottosuolo «ci offre la prima osservazione diretta della struttura interna del pianeta, che finora avevamo solo potuto dedurre da modelli teorici».
Le prime valutazioni
I dati dimostrano che sotto il sito di atterraggio di InSight, vicino all'equatore marziano, la crosta è composta da più strati con almeno due o tre interfacce. «Estrapolando i dati su tutto il pianeta, si deduce che la crosta ha uno spessore medio compreso tra i 24 e i 72 chilometri», precisa Carrozzo.
Proseguendo verso il centro del pianeta, sotto lo strato roccioso del mantello, c'è poi il grande nucleo, che ha un raggio di quasi 1.830 chilometri, circa la metà di quello del pianeta. «La vera sorpresa è che il nucleo sembra essere ancora liquido e non solido come pensavamo: è meno denso del previsto, formato da una lega di ferro e nichel con altri elementi più leggeri e arricchito di zolfo», spiega l'esperto Inaf.
La presenza di un mantello piuttosto sottile, probabilmente privo del minerale bridgmanite presente invece nel mantello terrestre, implica che il nucleo primordiale di Marte potrebbe essersi raffreddato più velocemente di quello terrestre: il calore emesso avrebbe così prodotto correnti elettriche dando origine a una geodinamo che avrebbe creato un campo magnetico.
Secondo Carrozzo, «questi dati, insieme alla magnetizzazione della crosta marziana misurata da InSight, suggeriscono che in passato potrebbe esserci stato un campo magnetico simile a quello terrestre, in grado di agire come uno scudo proteggendo eventuali forme di vita dalle radiazioni e dal vento solare».