Colonialismo Il generale Sutter, eroe svizzero (e trafficante di bambini)

David Eugster

6.7.2020

Una statua del generale Sutter è stata recentemente rimossa a Sacramento. In effetti, non si tratta davvero dell'eroe che molti desideravano vedere in lui. 
Una statua del generale Sutter è stata recentemente rimossa a Sacramento. In effetti, non si tratta davvero dell'eroe che molti desideravano vedere in lui. 
Keystone/AP/Daniel Kim

Il generale Sutter era considerato come un faro dagli elvetici in cerca di successo negli Stati Uniti. Fino a che uno sguardo agli archivi non ha rivelato più atrocità che atti eroici. La sua storia testimonia il desiderio di dimenticare. 

Certo, la Svizzera non ha avuto colonie. Ma al di là di un semplice progetto di conquista avviato da un pugno di nazioni, il colonialismo era anche la base dell'industrializzazione e dunque del capitalismo mondiale. Ad esempio, se si seguono le rotte del cotone, che è stato trasformato in ricchezza nelle fabbriche svizzere dopo il 1800, ci si ritrova inevitabilmente nelle piantagioni americane, nelle quali lavoravano persone rapite in Africa e ridotte in schiavitù.

Esattamente come nel caso del denaro, anche le concezioni dell'essere umano che giustificavano l'assoggettamento di nazioni intere non si sono di certo arrestate alla frontiera svizzera. Il colonialismo ha permeato e continua a permeare la cultura del nostro Paese nel quotidiano: attraverso i nomi dei beni coloniali e attraverso gli «stupidi selvaggi» che popolano le favole per bambini e le storie che raccontano avventure di uomini partiti alla conquista del mondo. Una di queste è quella che vede protagonista l'eroe svizzero del Far West Johann August Sutter.

Il generale Sutter, un eroe

Johann August Sutter crebbe nella regione di Basilea. Dopo un periodo di apprendistato nel commercio, aprì un negozio. Una volta fallita la sua attività, seguì la strada percorsa da numerose persone disperate e affamate nel XIX secolo: nel 1834 si imbarcò per l'America. Cinque anni più tardi giunse in California. Vi fondò una colonia, la «Nuova Elvezia», e si concesse fieramente il titolo di «generale Sutter». 

L'avventuriero, del quale si diceva sfruttasse abilmente terre inutilizzate, riuscì ad accumulare una fortuna sulle rive del Sacramento. Ma quando fu scoperta una pepita durante uno scavo, i suoi operai abbandonarono i campi, vinti dalla febbre dell'oro. Così, orde di cercatori devastarono il paradiso da lui costruito con tanta fatica. In seguito, Sutter tentò di salvarne una parte attraverso dei processi, il che gli costò vendette e ancor più violenza. 

La sua tragica storia ebbe un'eco internazionale: lo scrittore austriaco Stefan Zweig gli consacrò un capitolo del suo libro «Momenti fatali. Quattordici miniature storiche», nel quale Sutter è accostato a geni del calibro di Lev Tolstoi e Johann Wolfgang von Goethe. Alla fine, Sutter è presentato come un «vecchio uomo debole di spirito e mal vestito» che accorre al palazzo di giustizia di Washington: una povera vittima della storia.

La gente apprezzava la vicenda di questo sconosciuto che, grazie al lavoro e alle sue conoscenze, costruì un impero in una terra di nessuno. E che in seguito fu distrutto da individui assetati d'oro. Negli Stati Uniti e in Svizzera esistono scuole e strade a lui intitolate.

Nel 1953, il comune di Rünenberg (Canton Basilea Campagna) ha deciso si erigere un monumento in onore del proprio cittadino, benché quest'ultimo non vi abbia mai vissuto. Negli anni Ottanta, anche a Sacramento si è scelto di erigere un monumento alla memoria di questo grande uomo svizzero: nel luogo in cui conquistò il successo. L'iniziativa fu avviata sulla spinta di parlamentari del Canton Basilea Campagna, di svizzeri che vivono a Sacramento e anche di rappresentanti della General Sutter Distillery di Sissach e dell'azienda turistica United Swiss Lodge of California. Il monumento eretto a ricordo dell'eroe avrebbe dovuto al contempo rendere onore alle prodezze di uno svizzero e garantire pubblicità. Nel 1987, la statua è stata inaugurata a Sacramento grazie a fondi elvetici.

Un bancarottiere implicato in un traffico di bambini

All'inizio di giugno del 2020, la statua è stata vandalizzata nell'ambito delle manifestazioni del movimento «Black Lives Matter». Qualche settimana fa, è stata ufficialmente rimossa dalla municipalità di Sacramento. La discesa del generale Sutter dal suo piedistallo è in particolare dovuta al lavoro della storica di Basilea Rachel Huber che ha riesaminato attentamente numerose fonti antiche le quali svelano un'immagine terribilmente diversa dell'«eroe» svizzero.

Dopo aver lasciato la moglie e i figli in Svizzera alle prese con i suoi debiti ed aver subito qualche battuta d'arresto, Johann August Sutter instaurò, infatti, un piccolo potere dispotico nel Far West: nella sua Nuova Elvezia numerose centinaia di indigeni lavoravano in condizioni terribili. Molti di loro furono costretti ai lavori forzati dal generale Sutter, che usava crudeltà e violenza. E chi disobbediva veniva frustato. 

Numerosi testimoni hanno raccontato che il generale Sutter deteneva le persone come fossero animali: erano nutriti in mangiatoie nelle quali recuperavano grano cotto con le mani. Heinrich Lienhard, un supervisore in Nuova Elvezia originario del Canton Glarona ha scritto nelle sue memorie che i metodi impiegati per nutrire gli indigeni gli ricordavano «il modo in cui si dà da mangiare ai maiali». Dovevano dormire chiusi in delle stalle, senza alcun servizio, neppure sanitario. 

Malgrado la manodopera a basso costo, Sutter non riuscì mai ad ottenere profitti; rimase indebitato per tutta la vita. Per superare tale problema, si lanciò in un altro settore oltre a quello agricolo. Con l'aiuto di un piccolo esercito privato, perseguitava gli indigeni ribelli: uccideva gli uomini e vendeva donne e bambini se non li utilizzava nel suo harem. Se il generale Sutter riuscì a quel punto ad ottenere ricavi, fu proprio grazie al commercio di schiavi indigeni e in particolare al traffico di bambini.

Un vuoto di memoria che puzza di colonialismo

La storia del generale Sutter rappresenta un buon esempio di ciò che gli storici descrivono come «amnesia coloniale»: si preferisce la glorificazione dell'epoca alla verità. Di rado è corretto affermare che si era meno informati allora su ciò che accadeva. Il generale Sutter era già malvoluto dai suoi contemporanei e anche nel corso della campagna a favore del monumento in suo onore, negli anni Ottanta, erano stati effettuati dei lavori di ricerca. 

All'epoca, alcuni detrattori svizzeri dell'iniziativa pensavano che l'autoproclamato generale fosse un personaggio losco che aveva commesso dei crimini, in particolare a danno della popolazione indigena. Ma il presidente del Consiglio di Stato del Canton Basilea Campagna, Paul Nyffeler, giudicò tali fatti secondari: dopotutto, Johann August Sutter aveva lasciato la Svizzera più di 150 anni prima. Ma mentre il suo eroismo era tornato in patria, la sua crudeltà era rimasta all'estero e gettata nell'oblio.

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