SvizzeraLo storico: «Le statistiche sono sempre politiche»
hm, ats
11.8.2024 - 16:00
Le statistiche dovrebbero servire a creare fiducia, ma non possono mai essere neutrali: sono sempre politiche.
Keystone-SDA, hm, ats
11.08.2024, 16:00
11.08.2024, 16:21
SDA
Lo sostiene lo storico Hans Ulrich Jost, che torna sugli errori di previsione dell'Ufficio federale delle assicurazioni sociali (UFAS) che tanto hanno fatto discutere negli ultimi giorni in Svizzera.
«Gli errori non sono mai piacevoli, ma in una certa misura bisogna conviverci: mi sembra più cruciale la questione di sapere come calcolare le previsioni a partire dalle serie statistiche», afferma l'esperto in un'intervista pubblicata oggi dalla NZZ am Sonntag.
«Per farlo, è necessario selezionare i fattori che possono influenzare il risultato che si sta cercando. E la selezione di questi fattori è in una certa misura soggettiva, perché ovviamente nessuno sa esattamente cosa influenzerà per esempio l'andamento dei salari tra dieci anni».
Le statistiche uno strumento per dare fiducia
Il polverone sollevato dagli sbagli dell'UFAS è comprensibile anche per una ragione più profonda. «Lo stato federale liberale ha introdotto le statistiche per dare ai cittadini una visione dell'amministrazione statale e degli sviluppi politici: doveva quindi essere uno strumento per creare fiducia», spiega lo specialista che ha scritto una storia della statistica svizzera.
«Molto presto, però, essa si è trasformata in uno strumento di gestione dello stato. Quando nel 1848 la Confederazione fece della statistica una sua competenza, il consigliere federale Stefano Franscini commissionò come primo incarico il rilevamento dell'istruzione superiore. Il motivo era semplice: voleva fondare un'università federale e aveva bisogno di argomenti a favore».
«La statistica è sempre politica e mai completamente neutrale, semplicemente perché inizia con la questione di come selezionare gli argomenti statistici», prosegue l'ex ufficiale dell'esercito nonché pilota di jet militari, sopravvissuto grazie al seggiolino eiettabile a un crash con un Mirage III. «Non è un caso che la statistica abbia assunto un ruolo centrale con l'emergere dei moderni stati nazionali».
«Chi decide quali statistiche raccogliere?»
Diversi soggetti sono stati particolarmente controversi in Svizzera: per esempio «i dati sui salari, sull'inflazione e sugli aspetti sociali in generale», spiega l'ex professore all'università di Losanna.
«Nel censimento della popolazione del 1900 il leader dei lavoratori Herman Greulich chiese che venisse inclusa anche la disoccupazione: la commissione competente rifiutò, sostenendo che tali informazioni avrebbero potuto provocare agitazioni. E quarant'anni dopo l'associazione dei datori di lavoro disse che avrebbe partecipato a uno studio sui fondi pensione solo se avesse potuto determinare le domande».
Che ne è oggi – chiedono i giornalisti del domenicale – dell'indipendenza della statistica? «La domanda fondamentale è sempre la stessa: chi decide quali statistiche raccogliere?», osserva l'84enne.
«La Svizzera ha risolto bene la questione in termini organizzativi, in quanto l'Ufficio federale di statistica è stato dotato di una grande autonomia durante la riorganizzazione degli anni Novanta».
«L'UST un piccolo vascello che lotta per non affondare nel mare dei dati»
Ma una concentrazione non è anche pericolosa? «Certo, funziona solo se la direzione non pensa troppo politicamente», risponde l'accademico che nel 1968 ha partecipato al movimento studentesco.
«È però chiaro che una democrazia moderna può esistere solo con statistiche ragionevolmente indipendenti».
Il pericolo comunque non arriva solo dallo stato. «Nella nostra era digitale sono disponibili gratuitamente grandi quantità di dati da cui è possibile con metodi statistici computerizzati trarre conclusioni e manipolare», osserva lo storico con studi a Zurigo e Berna.
«L'Ufficio federale di statistica è solo un piccolo vascello che lotta per non affondare nel mare di questi dati. Eppure questa battaglia per la statistica è estremamente importante per mantenere la fiducia nella politica: perché senza tale fiducia si entra in un territorio molto pericoloso», conclude il saggista.