IntimidazioneL'OMS a Wuhan: i parenti delle vittime messi sotto pressione
ATS
28.1.2021
Corruzione o intimidazione: le autorità cinesi stanno facendo pressione sulle famiglie delle vittime del Covid. L'obiettivo: dissuaderle dall'entrare in contatto con gli investigatori dell'Oms a Wuhan, che proprio oggi hanno iniziato la loro missione. Lo dicono alcuni parenti dei defunti.
A più di un anno dalla comparsa del nuovo coronavirus nella metropoli della Cina centrale, un team dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) è arrivato a Wuhan il 14 gennaio per indagare sull'origine della pandemia. Il team ha dovuto effettuare due settimane di quarantena.
I dieci esperti si stanno preparando per iniziare la loro indagine sul campo. Pechino sta cercando di convincere che l'epidemia non è apparsa sul suo suolo e che invece avrebbe potuto essere importata.
In questo contesto, alcuni parenti delle vittime accusano il regime comunista di tentare di dissuaderli dal rivolgersi agli esperti internazionali. Queste famiglie si sono riunite l'anno scorso per chiedere sanzioni ai funzionari locali che hanno minimizzato l'epidemia di un anno fa.
Le autorità cinesi erano arrivate al punto di rimproverare le primissime persone che avevano cercato di lanciare l'allarme. Diverse famiglie hanno tentato di intraprendere un'azione legale, ma affermano che le loro denunce sono state ritenute inammissibili sin dall'inizio. Secondo loro dall'arrivo degli esperti dell'OMS, la pressione delle autorità è aumentata.
Mentre quasi un centinaio di parenti delle vittime si scambiavano messaggi su WeChat, messaggistica molto popolare in Cina, il loro gruppo di discussione è stato brutalmente bloccato dieci giorni fa, ha riferito all'AFP Zhang Hai, uno degli animatori del movimento.
«Questo dimostra che (le autorità) sono molto nervose. Temono che queste famiglie entrino in contatto con gli esperti dell'OMS», ha detto all'AFP l'uomo di 51 anni, il cui padre è morto all'inizio dell'anno, senza che il suo decesso fosse ufficialmente legato al Covid per mancanza di test all'epoca.
«Quando l'OMS è arrivata a Wuhan, (il gruppo) è stato smantellato con la forza. Di conseguenza, abbiamo perso i contatti con molti membri», si lamenta.
Come altri social network in Cina, WeChat, gestito dal gigante di Internet Tencent, blocca regolarmente i contenuti ritenuti sensibili dalle autorità.
I cinesi dubitano delle cifre ufficiali
L'epidemia ha ufficialmente ucciso 3'900 persone a Wuhan, la stragrande maggioranza dei decessi registrati in Cina (4'636 morti). Il paese è riuscito in gran parte a fermare la pandemia già in primavera, anche se nelle ultime settimane in alcune regioni si sono avuti dei casi limitati.
Con meno di 90'000 pazienti, secondo i dati ufficiali, la Cina resta molto lontana dai bilanci registrati nel resto del mondo, con ormai più di 100 milioni di persone contagiate.
Molti parenti delle vittime dicono di dubitare di queste cifre. Affermano che molti di loro sono morti prima di poter essere identificati formalmente come malati di coronavirus.
«La stessa storia»
Una pensionata, che crede che sua figlia sia stata uccisa dal virus nel gennaio del 2020, ha detto all'AFP di essere stata convocata la scorsa settimana dalle autorità.
Le hanno ordinato di non «parlare con i media né di lasciarsi manipolare». «Dopodiché, continua l'anziana, ieri sono venuti a casa mia, mi hanno raccontato la stessa storia e mi hanno dato 5.000 yuan (circa 690 franchi) in segno di cordoglio». Interpellato dall'AFP, il municipio di Wuhan non ha risposto alle domande relative alle richieste delle famiglie.
Dal canto suo Zhang Hai, ha invitato gli esperti dell'OMS ad avere «il coraggio» di incontrare le famiglie, esprimendo il suo timore che possano essere ingannati dalle autorità o contrastati nelle loro indagini.
Secondo lui, la testimonianza delle famiglie potrebbe utilmente illuminare gli inquirenti internazionali, in un momento in cui Pechino cerca di declinare ogni responsabilità.