11 anni fa uccise la fidanzataPistorius torna libero, la rabbia della mamma di Reeva: «Non credo alla versione di Oscar»
SDA
24.11.2023 - 19:27
Quasi 11 anni dopo l'omicidio della sua fidanzata Reeva Steenkamp e dopo sei anni continuativi trascorsi in cella, Oscar Pistorius uscirà dal carcere il prossimo 5 gennaio. Lo ha deciso, riaprendo una ferita dolorosa e provocando la rabbia della madre di Reeva, il Dipartimento carcerario del Sudafrica.
Keystone-SDA
24.11.2023, 19:27
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Lo ha fatto oggi, esattamente 6 anni dopo la sentenza della Corte Suprema che il 24 novembre del 2017 raddoppiò la pena inflitta in primo grado, condannandolo a 13 anni e 5 mesi di carcere.
L'ex campione paralimpico di atletica, hanno stabilito le autorità, ha infatti abbondantemente superato la metà della pena: il minimo previsto dal codice penale sudafricano, se non ostano altre condizioni, per ottenere la libertà vigilata.
Come condizione per uscire dal carcere, Pistorius dovrà sottoporsi «a una terapia per la gestione della rabbia e a una sulla violenza contro le donne, oltre a svolgere servizi sociali», ha dichiarato alla stampa Rob Matthews, avvocato della famiglia Steenkamp.
Una volta scarcerato, Pistorius sarà monitorato dalle autorità carcerarie, «come chiunque altro in libertà vigilata», fino allo scadere della pena, alla fine del 2029.
Il femminicidio che sconvolse il mondo
Pistorius, oggi 37enne, soprannominato ai tempi delle sue vittorie sportive «blade runner» perché correva con delle lame al posto delle gambe amputate, la notte di San Valentino del 2013, in un femminicidio che sconvolse il mondo, uccise in casa sua la sua fidanzata 29enne, ex modella e promettente avvocato, con quattro colpi di pistola sparati attraverso la porta chiusa del bagno.
Fu preso dal panico in piena notte perché temeva che lì dentro si fosse nascosto un ladro, un intruso, secondo la tesi difensiva, accolta nella sentenza di primo grado, poi confutata.
Uccise in un accesso di rabbia incontrollata, a cui non era nuovo, dopo un litigio di coppia, secondo la tesi dell'accusa, che è riuscita a prevalere nella sentenza definitiva di sei anni fa.
Nel 2017, al temine di un processo seguito dai media di tutto il mondo, fu condannato per omicidio volontario e non più per omicidio colposo, com'era stato derubricato nella sentenza di primo primo grado del 2014 e in appello nel 2016.
«Non riesco a trovare la forza»
«Ora Reeva potrà riposare in pace», disse per l'occasione nel 2017 l'avvocato di famiglia degli Steenkamp. Ma ora la madre della ragazza, June Steenkamp, che in settembre ha perso il marito Barry «che non si è mai ripreso dal dolore» benché avesse incontrato Pistorius in carcere un anno fa, si è rifiutata di presenziate all'udienza di scarcerazione: «Non riesco a trovare la forza», ha detto.
Secondo lei, Pistorius non si è sottoposto ad alcuna seria riabilitazione in carcere nel penitenziario di Atteridgeville e non ha mai mostrato un vero pentimento per l'omicidio di sua figlia: in una lettera inviata all'udienza, la donna ha detto di non opporsi alla scarcerazione ma ha espresso preoccupazione per i gravi problemi di «gestione della rabbia» di Pistorius, aggiungendo di essere «preoccupata per la sicurezza di qualunque donna».
«Non credo alla versione di Oscar – ha scritto nella lettera –. La mia amata figlia (la notte dell'omicidio) ha urlato di paura abbastanza forte da essere sentita dai vicini. Non so cosa lo abbia indotto a decidere di sparare attraverso una porta chiusa per quattro volte a qualcuno con munizioni dum-dum quando, penso, sapesse benissimo che era Reeva».
June ha perdonato l'omicida di sua figlia
June, tuttavia, ha perdonato l'omicida di sua figlia: «L'ho fatto tempo fa – ha scritto nella lettera – perché sapevo che con ogni probabilità non sarei sopravvissuta se non avessi mollato la mia rabbia». Anche perché, ha aggiunto «il mio caro Barry ha lasciato questo mondo, completamente consumato dal pensiero che non fosse riuscito a proteggere sua figlia».
Lo scorso marzo Pistorius si vide respingere la richiesta di scarcerazione in quanto non aveva ancora scontato metà pena, a decorrere dal giorno della sentenza del novembre 2017: un'interpretazione corretta poi dalla Corte costituzionale, che ha fatto decorrere la pena dal luglio del 2016, quando si vide aumentare la pena a sei anni in appello, dopo aver trascorso già almeno un anno in cella prima di essere trasferito ai domiciliari, e non dal novembre 2017.