Grande barriera corallina Scoperta 250 anni fa, sarà già scomparsa tra 30 anni?

Di Gil Bieler

17.6.2020

Sono passati 250 anni da quando il capitano James Cook scoprì la Grande barriera corallina, eppure il futuro si preannuncia cupo per le scogliere di corallo al largo della costa orientale dell’Australia, quindi gli esperti esprimono la loro preoccupazione.

Avvenuta per caso, la scoperta della Grande barriera corallina ha quasi avuto conseguenze fatali: l’11 giugno 1770, l’esploratore britannico James Cook ci sbatté letteralmente contro. Navigando sull’immensa scogliera di corallo, la sua nave, la HMS Endeavour, infatti si incagliò e fu solo dopo aver buttato a mare una cinquantina di tonnellate di carico che l’equipaggio riuscì a liberare l’imbarcazione. Dopo aver riparato la nave, la spedizione - si trattava del primo dei viaggi di James Cook nei mari del sud - poté ripartire.

Benché questa scoperta abbia ormai 250 anni per il mondo occidentale, la barriera corallina al largo della costa orientale dell’Australia esiste ovviamente da molto più tempo: gli scienziati stimano che abbia circa 600.000 anni. Non sorprende nemmeno che James Cook e il suo equipaggio vi si siano incagliati: con una superficie di 344.400 km quadrati, la barriera è grande quasi otto volte e mezza la Svizzera.

Questo luogo accoglie più di 30 specie di balene e delfini, 133 specie di squali e 1.600 specie di pesci, 3.000 specie di molluschi e – come dice il nome – 600 specie di coralli. Non si tratta di una sola barriera in senso stretto ma di un insieme di 3.000 scogliere coralline unite tra loro.

Una foresta tropicale sottomarina

«Si può paragonare a una foresta tropicale», spiega Michael Krützen, biologo e professore all’univesità di Zurigo, consultato da Bluewin. Il professor Krützen ha visitato la Grande barriera corallina negli anni ’90 e la ricorda come un luogo «estremamente impressionante». Questa zona relativamente piccola è popolata da un’immensa biodiversità – numerose specie sono endemiche e quindi vivono solo qui – spiega. «Questo habitat è essenziale per la sopravvivenza di moltissime specie, se muore la barriera, loro moriranno con lei», prosegue Michael Krützen.

La sua preoccupazione per la barriera è giustificata: il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) calcola che è già stato distrutto tra il 25% e il 50% delle barriere coralline del mondo e che il 60 % di esse sono a rischio. Questi ecosistemi sensibili sono particolarmente minacciati dal cambiamento climatico e dal conseguente riscaldamento degli oceani. Ma non solo: secondo Michael Krützen, in Australia l’agricoltura contribuisce alla presenza di una quantità troppo grande di sostanze nutritive in mare.

In aprile la direzione del Parco marino della Grande barriera corallina, responsabile delle scogliere, ha dichiarato che è già stato osservato il terzo episodio di sbiancamento di massa dei coralli nell’arco di cinque anni. Questo fenomeno provoca spesso la morte dei coralli. «Siamo molto preoccupati», ha annunciato l’autorità australiana.

Rilevamenti aerei hanno dimostrato per esempio che gli importanti fenomeni di sbiancamento erano più estesi rispetto agli anni precedenti – sono state particolarmente colpite alcune zone meridionali della barriera che in passato erano state relativamente risparmiate. «Ecco perché la recrudescenza di tali episodi nella regione è particolarmente allarmante», spiega a Bluewin Corina Gyssler, portavoce del WWF Svizzera.

«Sono segnali d’allarme»

Anche Michael Krützen, che studia i delfini nell’Australia occidentale, osserva questa evoluzione con inquietudine e constata le conseguenze del cambiamento climatico in questa zona. Così dopo un’ondata di caldo avvenuta nel 2011, il 60% delle zostere è scomparso e anche la popolazione dei delfini è stata fortemente colpita. «Sono segnali d’allarme e si stanno moltiplicando in maniera sorprendente in questi ultimi tempi». E ha aggiunto che il punto è capire se l’ecosistema potrà ancora riprendersi.

Corina Gyssler, del WWF Svizzera, esprime delle riserve a questo proposito: anche se gli obiettivi dell’accordo di Parigi sul clima, limitare a 2° C l’aumento delle temperature, saranno raggiunti, «entro il 2050, dal 70% al 90% dell’estensione attuale della barriera corallina sarà scomparso».

Il biologo Michael Krützen non pensa che la scomparsa di massa dei coralli avrà delle conseguenze dirette per i cittadini svizzeri. Tuttavia sostiene che «è nostro dovere preservare questi habitat per le generazioni future». Nel 1981 la Grande barriera corallina è stata iscritta nella lista del Patrimonio mondiale naturale dell’UNESCO.

«La cosa più importante che possiamo fare per la sopravvivenza delle barriere coralline è ridurre il riscaldamento climatico e gli svizzeri possono fare molto in questo senso», afferma la portavoce del WWF Corina Gyssler. Come azioni pratiche da intraprendere, a titolo di esempio, Gyssler chiede di rinunciare agli spostamenti in aereo e in auto, alle energie fossili e ai prodotti di origine animale come la carne, le uova e i prodotti lattiero-caseari.

Il WWF collabora attualmente con scienziati e varie organizzazioni a un’iniziativa che mira a «rafforzare la resilienza delle barriere coralline che hanno le migliori possibilità di sopravvivere».

La Grande Barriera Corallina sopravviverà o le future generazioni di studenti la conosceranno solo dai libri di storia, insieme a James Cook? Solo il tempo ce lo dirà.

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