Il Tribunale federale (TF) ha confermato la condanna a due anni di carcere con la condizionale per infanticidio inflitta a una madre vallesana che aveva soffocato il suo quarto figlio poco dopo la nascita nel 2015.
La corte suprema ha così respinto il ricorso del Pubblico ministero, che chiedeva dieci anni per assassinio. L'accusa, basandosi su una perizia psichiatrica, escludeva che la madre, allora 33enne, soffrisse di depressione post-parto e sottolineava che l'imputata non presentava un disturbo psichiatrico in senso stretto.
Nella sentenza pubblicata oggi, la Corte di diritto penale ricorda che il codice considera l'infanticidio come una situazione particolare che richiede una pena massima ridotta. Si definisce per la commissione dell'atto al momento del parto o sotto l'effetto dello stato puerperale. L'infanticidio – sottolineano i giudici federali – non presuppone che la madre soffra di un disturbo psichico; al contrario, la legge presuppone in modo inequivocabile che la responsabilità sia diminuita durante il parto e nel periodo successivo. L'interpretazione sostenuta dalla procura vallesana avrebbe quindi l'effetto di privare il reato di infanticidio della portata di applicazione prevista dal legislatore.
Nel dicembre 2015, la donna, beneficiaria di una rendita AI completa, ha soffocato il suo quarto figlio poco dopo averlo partorito da sola in casa, nello stesso edificio dove vivevano i suoi genitori. Divorziata dal marito da cui aveva avuto i primi due figli, nel 2013 aveva avuto una terza bambina da un vicino di casa sposato, di cui era l'amante.
In prima istanza, nel 2017, il Tribunale distrettuale di Sierre ha condannato per infanticidio la donna a 24 mesi con condizionale. Il giudice si era basato sull'articolo 116 del codice penale, il quale prevede che «la madre che, durante il parto o finché si trova sotto l'influenza del puerperio, uccide l'infante, è punita con una pena detentiva sino a tre anni o con una pena pecuniaria». Nell'ottobre del 2019 il Tribunale cantonale ha poi confermato la decisione di prima istanza. E ora la hanno avallata i giudici federali.
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