Giustizia Turiste uccise in Marocco: si apre il processo

ATS

2.5.2019 - 10:37

Saskia Ditisheim, la legale inviata dalla famiglia in Marocco, sostiene che il binazionale si trovava in Svizzera al momento dell'assassinio
Saskia Ditisheim, la legale inviata dalla famiglia in Marocco, sostiene che il binazionale si trovava in Svizzera al momento dell'assassinio
Source: KEYSTONE/MARTIAL TREZZINI

Il processo per l'assassinio, lo scorso dicembre, di due turiste scandinave in Marocco si apre giovedì a Salé, nei pressi di Rabat. In totale saranno 24 le persone alla sbarra, tra cui un 25enne ginevrino, binazionale ispano-svizzero.

Gli imputati sono accusati di «apologia del terrorismo», «costituzione di una banda per attentare all'ordine pubblico» e «aiuto premeditato ad autori di atti terroristici».

Binazionale svizzero: dall'inchiesta non è emerso nulla

«Impregnato di ideologia estremista», l'ispano-svizzero è sospettato di aver insegnato ai principali sospetti a utilizzare una messaggeria criptata, di «averli addestrati a sparare» e di aver partecipato al loro reclutamento, indicano gli inquirenti. Saskia Ditisheim, avvocato elvetico inviato dalla famiglia in Marocco, sostiene invece che il binazionale si trovava in Svizzera al momento dell'assassinio.

L'uomo, convertitosi all'Islam nel 2011 nella Grande Moschea di Ginevra dove viveva e residente a Marrakech dal 2015, era stato arrestato lo scorso 29 dicembre nella città marocchina per i suoi legami con i presunti autori dell'assassinio delle due turiste.

«C'è stata un'inchiesta del Ministero pubblico della Confederazione e nei suoi confronti non è stato trovato nulla», sostiene la legale dell'imputato. Lo scorso febbraio l'uomo era stato interrogato da un giudice istruttore antiterrorismo, proclamandosi innocente.

Gli imputati rischiano la pena di morte

Le due studentesse, una 24enne danese e una 28enne norvegese, sono state uccise e decapitate in una località isolata dell'Alto Atlante, in una zona apprezzata dagli escursionisti, nella notte tra il 16 e il 17 dicembre 2018.

Gli imputati coinvolti direttamente nell'assassinio rischiano la pena di morte. Lo scorso 12 aprile, il tribunale di Rabat aveva condannato a 10 anni di carcere un altro svizzero – un 33enne ginevrino, che ha pure la nazionalità britannica – coinvolto nel crimine. L'uomo è stato riconosciuto colpevole di partecipazione ad associazione terrorista, apologia del terrorismo e mancata denuncia di crimini.

Secondo l'agenzia di stampa AFP, le famiglie e gli avvocati delle due vittime non saranno presenti al processo e non si sono costituiti parte civile.

Una cellula terroristica che guarda all'Isis

I principali sospettati sono quattro e apparterrebbero a una cellula che si ispirava all'ideologia dell'Isis, ma che non avrebbe avuto contatti diretti con i quadri dell'organizzazione islamista in Siria o in Iraq. Fra di loro figura il presunto capo della «cellula terroristica», un mercante ambulante di 25 anni.

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