Animale in pericolo Un progetto per salvare il pangolino dall’estinzione

Kristin Palitza, dpa/uri

31.8.2020

Vengono chiamati affettuosamente «pigne vaganti». Tuttavia, le tipiche squame del pangolino sono richiestissime e questo lo rende l’animale più cacciato illegalmente e contrabbandato al mondo. Una riserva in Sudafrica sta combattendo contro la loro estinzione con un progetto pilota.

Non ha un corno come il rinoceronte ma le sue squame sono altrettanto ricercate. Il pangolino, o folidote, è l’animale più cacciato illegalmente e contrabbandato al mondo, addirittura molto più del rinoceronte. Di recente, durante la pandemia di Coronavirus, il pangolino è inoltre diventato tristemente noto perché si sospetta che questo bizzarro mammifero abbia fatto da ospite intermedio nel salto del SARS-CoV-2 dal pipistrello all’uomo.

I timidi insettivori che si appallottolano quando si sentono minacciati sono già a rischio di estinzione in Asia, dove ne esistono quattro specie. E in Africa, le quattro specie che vi abitano sono sempre più prese di mira dai bracconieri. Ogni cinque minuti un pangolino cade vittima del bracconaggio, come riferisce la società scientifica Zoological Society of London (ZSL), che tra l’altro gestisce lo zoo di Londra.

Si sospetta che i graziosi pangolini abbiano funto da ospiti intermedi per il Coronavirus – una teoria alla quale tuttavia il famoso esperto Christian Drosten non crede.
Si sospetta che i graziosi pangolini abbiano funto da ospiti intermedi per il Coronavirus – una teoria alla quale tuttavia il famoso esperto Christian Drosten non crede.
Keystone

Una corsa contro il tempo

In una corsa contro il tempo, un gruppo di ambientalisti, in una riserva di caccia nel Sudafrica orientale, nella provincia di KwaZulu-Natal, cerca di dare vita a una nuova popolazione di pangolini per salvare la specie dall’estinzione. Finora il progetto è unico al mondo.

«È la prima volta – in Sudafrica, in Africa e in tutto il mondo – che i pangolini sono stati reintrodotti in un’area dove si erano estinti» afferma Simon Taylor, manager della riserva privata Phinda in cui è avvenuta la reintroduzione.

I pangolini vengono affettuosamente chiamati «pigne vaganti» o «carciofi con la coda». Le loro squame sono molto richieste nella medicina asiatica e anche in quella africana. Tuttavia, come il corno dei rinoceronti, sono costituite «solo» da cheratina, lo stesso materiale delle unghie umane. Ad alimentare il bracconaggio è soprattutto la richiesta di prodotti a base di squame di pangolino in Cina e in Vietnam, scrive la ZSL sulla sua homepage.

Tuttavia, ora il Vietnam vuole porre fine al commercio di animali selvatici: in futuro saranno vietate sia l’importazione di specie in via di estinzione come pangolini e zibetti, sia il commercio di animali selvatici nei mercati: secondo le organizzazioni per la protezione degli animali, questo è quanto prevede un decreto di fine luglio emesso dal capo del governo Nguyen Xuan Phuc.

Simon Naylor (a sinistra) della riserva Phinda e Nicci Wright, specializzata in riabilitazione, controllano i pangolini rimessi in libertà. (Archivio)
Simon Naylor (a sinistra) della riserva Phinda e Nicci Wright, specializzata in riabilitazione, controllano i pangolini rimessi in libertà. (Archivio)
dpa

In Asia la loro carne è considerata una prelibatezza

Ciò che risulta fatale ai pangolini: la loro carne viene considerata una prelibatezza soprattutto in Asia. In alcune zone del continente asiatico, una scodella di zuppa di feto di pangolino costa circa 2'500 dollari (circa 2'270 franchi), come spiega il dipendente della Phinda, Charli de Vos.

Negli ultimi dieci anni è stato cacciato di frodo più di un milione di questi graziosi animali – più di rinoceronti, elefanti e tigri messi insieme, afferma la ZSL. Nessuno sa quante di queste creature solitarie e notturne vivano ancora allo stato brado, ma gli ecologisti sostengono che il loro numero sta diminuendo rapidamente.

Oltre che dal bracconaggio, i pangolini africani sono minacciati anche dalla perdita del loro habitat, dal commercio locale di carne di animali selvatici e dall’uso delle loro squame nell’abbigliamento tradizionale africano.

Funzionari indonesiani bruciano i pangolini uccisi sequestrati dalla dogana. (Archivio)
Funzionari indonesiani bruciano i pangolini uccisi sequestrati dalla dogana. (Archivio)
Keystone

I bracconieri maltrattano gli animali

Il progetto della riserva di caccia Phinda, in cui un pangolino selvatico è stato avvisato l’ultima volta nel 1984, ha di recente rimesso in libertà il suo ottavo pangolino di Temminck (Smutsia temminckii). Questi animali dal muso lungo, che amano nutrirsi di formiche e termiti, sono stati tutti salvati dalle mani dei bracconieri o dei trafficanti di animali selvatici in tutto il Sudafrica.

Spesso i bracconieri maltrattano questi animali in via d’estinzione: alcuni vengono caricati in casse di legno o gabbie e stanno così stretti che per giorni non possono muoversi dalla loro posizione raggomitolata. Altri vengono trasportati all’interno di sacchi. Vengono spinti, fatti cadere e presi a calci.

«Non sono solo disidratati, affamati e deperiti ma anche completamente traumatizzati» spiega Nicci Wright, direttrice dell’ospedale veterinario di Johannesburg per il soccorso della fauna selvatica che cura i pangolini messi in salvo. Gli animali devono essere introdotti lentamente e con cautela nel loro nuovo habitat della riserva. Inizialmente dormono nell’edificio all’interno di casse appositamente progettate e vengono rilasciati solo per poche ore durante le quali vengono seguiti e osservati dagli animalisti.

La dogana di Hong Kong ha sequestrato sacchi di scaglie di pangolino: queste vengono utilizzate nella medicina asiatica e nell’abbigliamento tradizionale africano.
La dogana di Hong Kong ha sequestrato sacchi di scaglie di pangolino: queste vengono utilizzate nella medicina asiatica e nell’abbigliamento tradizionale africano.
Keystone

Non mancano gli imprevisti

Una volta abituati al loro nuovo ambiente e ben nutriti, i pangolini vengono provvisti di trasmettitori satellitari e continuano a essere monitorati 24 ore su 24 da un’unità anti-bracconaggio e da un team per la protezione della natura – tutto questo per garantire la loro sopravvivenza. «Se il progetto avrà successo, potrebbe diventare una cellula germinale da cui potrebbero svilupparsi ulteriori popolazioni di questa specie in via di estinzione», dice Naylor.

Ma ci sono già stati degli imprevisti. Due degli otto animali salvati non sono sopravvissuti: uno è stato mangiato da un coccodrillo, l’altro è morto di bilharziosi. «Tuttavia sta andando molto meglio del previsto» afferma de Vos. «Il tasso di sopravvivenza è di solito pari a uno su cinque quindi sta andando meglio di quanto ci si aspettasse.» Infine gli ambientalisti sperano che i pangolini si sentano sufficientemente a loro agio per accoppiarsi. In questo modo la popolazione potrebbe tornare lentamente a crescere.

Gli animalisti stanno attualmente esplorando una riserva vicina che vogliono utilizzare come ulteriore area di rilascio. Nella riserva Phinda si trovano circa 20 animali. Ray Jansen, presidente dell’African Pangolin Working Group (APWG), descrive il progetto come «uno studio cruciale». Spera che porti ad una serie di linee guida e buone pratiche che potranno essere applicate da altri progetti di riabilitazione in tutto il mondo. «Ogni singolo pangolino conta» aggiunge inoltre de Vos. «Se non li salviamo uno dopo l’altro, prima o poi li perderemo.»

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