Stati Uniti Assalto al Congresso, ecco i dettagli del piano per un golpe

SDA

11.12.2021 - 19:08

Emergono sulla stampa i dettagli di un piano per un golpe negli Stati Uniti durante la cerimonia che ha certificato la vittoria di Joe Biden contro Donald Trump il 6 gennaio 2021.

Donald Trump in un'immagine d'archivio
Donald Trump in un'immagine d'archivio
KEYSTONE

11.12.2021 - 19:08

Alla vigilia del drammatico assalto al Congresso, il 6 gennaio scorso, in cui morirono cinque persone, un piano dettagliato per rovesciare l'esito delle presidenziali girava tra i corridoi di Capitol Hill e, forse, addirittura dentro le mura della Casa Bianca. Un documento di 38 pagine fatto di slide in cui si evoca lo scenario di un golpe.

Il documento – riportano il New York Times e il Guardian – è all'esame della commissione di inchiesta che sta provando a fare luce sui drammatici fatti che portarono alla morte di cinque persone, per verificare soprattutto se ci fu un coinvolgimento diretto dell'ex presidente.

Nel dossier si indica, stando alla stampa, che si sarebbe dovuto dichiarare lo stato di emergenza nazionale per far saltare in Senato la certificazione della vittoria elettorale di Joe Biden e mantenere Donald Trump al potere.

I discorsi di Trump molto simili al piano

A consegnare il documento è stato l'ex capo dello staff della Casa Bianca, Mark Meadows, fino all'ultimo uno dei più stretti alleati di Trump. Tramite il suo avvocato ha fatto sapere di aver ricevuto la presentazione PowerPoint via email, ma di non averla mai presa in considerazione.

Eppure quel piano – intitolato 'Frode elettorale, Interferenze straniere e Opzioni per il 6 gennaio' – riecheggia punto per punto le ragioni della campagna cospirazionista 'Stop the Steal', lanciata da Trump per sostenere la tesi delle elezioni rubate.

«Voti truccati da Cina e Venezuela»

Nelle slide si raccomanda all'allora presidente di dichiarare lo stato di emergenza per motivi di sicurezza nazionale, sostenendo che Paesi come la Cina e il Venezuela avevano acquisito il controllo delle infrastrutture elettorali in gran parte degli Stati degli Stati Uniti. I voti espressi per mezzo delle urne elettroniche, insomma, dovevano considerarsi nulli.

Del resto Rudolph Giuliani, allora avvocato personale di Trump, incentrò la sua azione legale proprio su questo, accusando società di software elettorali come la Dominion Voting System di aver avuto un ruolo nel sabotaggio.

Affermazioni che sono costate cause milionarie non solo a Giuliani ma anche a Fox News e ad alcuni suoi anchor che ripresero quelle teorie.

In scena personaggi «stravaganti»

A mettere in circolazione il piano all'esame della commissione che indaga sul 6 gennaio sarebbe stato un ex colonnello in pensione divenuto una delle voci più influenti della campagna 'Stop the Steal', Phil Wardon, citato più volte da Giuliani come fonte delle sue accuse.

Wardon sarebbe anche stretto conoscente di Mike Lindell, l'eccentrico produttore di cuscini e Ceo di Mister Pillow che ha finanziato gran parte della campagna complottista del suo amico Donald Trump.

È stato lo stesso Wardon a raccontare come tra il 4 e il 5 gennaio le controverse slide furono messe in mano a diversi senatori e deputati, anche se non fu lui a redarle.

La matrice di quelle carte potrebbe essere un altro documento reperibile online e attribuito a Jovan Hutton Pulitzer, ex cacciatore di tesori e imprenditore texano noto per aver inventato la cosiddetta tecnologia di «rilevamento di artefatti cinematici», per rilevare quelle imperfezioni nelle schede elettorali che possono falsare il voto.

Insomma, quello che emerge è un sottobosco di stravaganti ma inquietanti personaggi che in quei giorni avrebbero potuto avere un'influenza non da poco sul tycoon, noto per farsi ispirare dalle teorie più bizzarre.

Come quella che qualcuno in Italia abbia usato tecnologie militari e satellitari per manomettere da remoto le urne elettroniche. Un Italygate su cui Meadows chiese di indagare all'allora ministro della giustizia Jeffery Rosen, insieme ad altre teorie fantasiose. Cosa che quest'ultimo si rifiutò di fare.

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