IranBerlino: «È inaccettabile la condanna a morte del tedesco-iraniano»
SDA
21.2.2023 - 21:03
La condanna a morte in Iran di un uomo tedesco-iraniano, il 67enne Djamshid Sharmahd, «è assolutamente inaccettabile» e «l'imposizione della pena di morte provocherà una forte reazione» tedesca. Lo ha comunicato la ministra tedesca degli Esteri, Annalena Baerbock.
Keystone-SDA
21.02.2023, 21:03
21.02.2023, 21:18
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L'Iran «ha ripetutamente negato l'accesso consolare e l'accesso alle date del processo» alla Germania. Berlino chiede a Teheran «di porre rimedio a queste carenze nel processo di appello, di correggere la sentenza e di astenersi dall'imporre la pena di morte».
Jamshid Sharmahd è accusato di essere coinvolto in un attacco terroristico contro una moschea nella città di Shiraz, nel sud dell'Iran, nell'aprile 2008. L'uomo è stato arrestato nel 2020 a Dubai dai servizi segreti iraniani e portato in un carcere a Teheran.
Sharmahd aveva prima vissuto per anni negli Usa, dove è stato coinvolto nel gruppo di opposizione in esilio «Tondar», che si batte per il ritorno della monarchia in Iran.
L'attivista iraniano-tedesco viene anche accusato dal regime di Teheran di essere stato in contatto con agenti dell'Fbi e della Cia, così come di aver cercato di stabilire contatti con il servizio segreto israeliano Mossad. Lo riporta Tagesschau.
Arresto in condizioni «molto discutibili»
Come ha sottolineato la ministra degli Esteri tedesca Baerbock, «non solo la pena di morte è crudele e disumana», ma Jamshid Sharmahd non ha mai visto nemmeno «l'accenno di un processo equo: non ha avuto accesso a un avvocato scelto liberamente».
Inoltre, «l'esposizione pubblica di Sharmahd equivale a un pre-giudizio». Berlino aggiunge di aver compiuto «ripetuti sforzi ad alto livello» riguardo a Sharmahd, il cui arresto è avvenuto in «circostanze molto discutibili». Ma questi intensi sforzi tedeschi «sono stati ignorati dall'Iran», ha rilevato la ministra tedesca.
Intanto, la Cnn ha rivelato che l'Iran ha utilizzato una rete di centri di detenzione segreta per torturare sistematicamente i manifestanti arrestati durante le dimostrazioni degli scorsi mesi esplose dopo la morte di Mahsa Amini, la 22enne di origine curda che ha perso la vita il 16 settembre a Teheran dopo essere stata messa in custodia perché non portava il velo in modo corretto.
Testimonianze agghiaccianti di torture
La Cnn ha citato un rapporto esclusivo in cui ha raccolto la testimonianza di oltre 10 dimostranti che sono stati sottoposti ad abusi di vario genere da parte di membri delle Guardie della Rivoluzione o agenti di Intelligence in prigioni segrete disseminate in varie città in tutto il Paese.
«Ho subito un elettroshock sul capo, sul collo e sulla schiena...ricordo chiaramente che per alcuni secondi mi hanno dato l'elettroshock sui genitali», ha raccontato Kayvan Samadi, 23enne studente di medicina, che è stato torturato per 21 giorni in un centro di Oshnavieh dove ha subito pestaggi, molestie, frustate oltre a uno stupro con un manganello.
L'inchiesta parla anche di unghie strappate, uso di cacciaviti per le torture e cani rabbiosi scagliati contro i prigionieri, talvolta tenuti in celle di 2 metri per 2 con luci al neon accese 24 ore su 24.
Secondo l'avvocato Marzieh Mohebi, in almeno un caso la tortura ha portato alla morte di una manifestante. Cnn ha individuato la posizione geografica di decine di centri di tortura clandestini, spesso all'interno di strutture governative o basi dei pasdaran ma anche magazzini abbandonati o locali seminterrati di alcune moschee in molte città del Paese tra cui la capitale Teheran.
Secondo le testimonianze raccolte da Cnn, molti manifestanti sono stati bendati e filmati mentre erano costretti a confessare di avere partecipato alle manifestazioni «influenzati» da articoli sui media stranieri. Nonostante numerose ONG abbiano denunciato in passato simili metodi di tortura in Iran, attivisti ritengono che gli abusi commessi durante la repressione delle manifestazioni per Mahsa non abbiano precedenti.