Un caos politico? Biden rassicura gli Alleati: «Gli Stati Uniti non mollano Kiev»

SDA

3.10.2023 - 22:04

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden.
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden.
KEYSTONE

Joe Biden chiama i leader dei Paesi Nato e i vertici della Ue «per coordinare il nostro attuale sostegno per l'Ucraina» e rassicurare che gli aiuti continueranno «finché serve», dopo i dubbi seminati dal provvedimento anti shutdown senza i 6 miliardi previsti per Kiev e il monito del Pentagono al Congresso sull'esaurimento a breve dei fondi per il Paese aggredito.

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Partner e alleati hanno risposto presente, compresa la premier italiana Giorgia Meloni, che «ha confermato il continuo e convinto supporto del governo italiano alle autorità ucraine in ogni ambito finché sarà necessario, con l'obiettivo di raggiungere una pace giusta, duratura e complessiva».

Ma l'ammiraglio Rob Bauer, il più alto funzionario militare dell'Alleanza, e il ministero della Difesa britannico hanno avvertito che le scorte di munizioni occidentali da inviare a Kiev si stanno esaurendo.

Il conflitto spacca in due gli USA

Negli Stati Uniti inoltre gli aiuti all'Ucraina – di cui Washington è il primo contributore mondiale – spaccano il partito repubblicano, arrivato ad una prima resa dei conti alla Camera tra la fronda trumpiana, contraria ai fondi per Kiev, e lo speaker Kevin McCarthy, con un'incertezza che ha contagiato anche Wall Street.

«Non possiamo in nessun caso permettere che venga interrotto il supporto americano all'Ucraina. Sono in gioco troppe vite, troppi bambini e troppe persone», aveva messo in guardia Biden ieri in una riunione del governo alla Casa Bianca, da dove la portavoce Karine Jean Pierre aveva preannunciato intanto un imminente altro pacchetto di aiuti.

«Mi aspetto totalmente che lo speaker della Camera e la maggioranza dei repubblicani al Congresso mantengano il loro impegno per garantire il passaggio del sostegno necessario per aiutare l'Ucraina a difendersi dall'aggressione e dalla brutalità russa», aveva aggiunto, ricordando con le parole dell'ex segretaria di stato Madeleine Albright che gli Stati Uniti sono «la nazione indispensabile nel mondo».

McCarthy e la mozione di sfiducia

Ma poche ore dopo il controverso deputato Matt Gaetz, un fedelissimo del tycoon, ha presentato una mozione di sfiducia per destituire McCarthy, al quale aveva già fatto sudare l'ambita nomina con 15 votazioni.

Una mossa rarissima che rischia di creare un caos politico-istituzionale: da quando è stata istituita nel 1910, solo due speaker hanno dovuto affrontarla e nessuno è mai caduto, anche se nel 2015 il repubblicano John Boehner, dopo la mozione, decise di dimettersi, consapevole di non riuscire a unire i deputati del suo partito.

Salito alla ribalta delle cronache per le accuse – poi archiviate – di una relazione con una minorenne e di sfruttamento della prostituzione, Gaetz accusa McCarthy di flirtare con l'opposizione: in particolare di aver fatto approvare il rinvio dello shutdown di un mese e mezzo con i voti dei dem e di avere un «accordo collaterale segreto» con Biden per continuare a finanziare Kiev con una legge ad hoc (su cui concordano anche i senatori repubblicani).

«Fatti sotto»

«Fatti sotto», gli ha risposto lo speaker, prima di mettere al voto l'istanza, deciso a non restare più ostaggio di un manipolo di colleghi «Maga» (Make America Great Ggain) ma rischiando di dover confidare in qualche voto dell'opposizione per ottenere la necessaria maggioranza semplice e sopravvivere.

I democratici sono rimasti riuniti per ore discutendo il dilemma se aiutare o meno uno speaker che finora ha sabotato la loro agenda e lanciato un'indagine per l'impeachment di Biden: dilaniati tra la prospettiva di affondare la fronda trumpiana o far esplodere le divisioni del partito rivale, tra l'imbarazzo di salvare uno speaker ostile e possibili contropartite (a partire dai fondi per l'Ucraina), che però McCarthy ha già escluso, almeno pubblicamente. Alla fine sembra prevalere l'orientamento di non lanciargli alcun salvagente.

«Una di due cose può succedere. La prima è che McCarthy non sarà più speaker, la seconda è che sarà speaker della Camera lavorando per compiacere i democratici. E io mi sento in pace con entrambi i risultati perché credo che gli americani debbano sapere chi li governa davvero», ha spiegato Gaetz, che comunque nel secondo caso minaccia altre mozioni analoghe in futuro.