Prima del vertice NATOBiden in visita da Sunak, torna l'asse Stati Uniti-Gran Bretagna
SDA
10.7.2023 - 19:42
Una mezza giornata all'insegna della vecchia «special relationship» per ridare lustro al legame storicamente cruciale fra Washington e Londra sullo sfondo sia della guerra in Ucraina contro la Russia di Vladimir Putin, sia degli altri dossier geopolitici destinati a dominare nei prossimi due giorni l'attesissimo vertice Nato di Vilnius, in Lituania.
10.07.2023, 19:42
SDA
Si può sintetizzare così la visita lampo del presidente degli Stati Uniti Joe Biden a Londra, unica tappa intermedia del viaggio europeo dell'80enne presidente statunitense in direzione del Baltico.
Una tappa consumatasi in poche ore, tragitti e pernottamento inclusi, e articolata in due momenti pubblici: il faccia a faccia con il giovane primo ministro Rishi Sunak a Downing Street, quinto rendez-vous in cinque mesi, esauritosi in meno di 40 minuti e dedicato in primis al dossier ucraino.
Quindi il ricevimento di poco più di un'ora, informale quanto coreografico, al castello di Windsor con il quasi coetaneo re Carlo III, 75 anni a novembre, incontrato dopo l'ascesa al trono ai funerali di sua madre Elisabetta II, nel settembre 2022, ma non all'incoronazione solenne del maggio scorso (dove «l'irlandese» Biden si fece rappresentare dalla first lady Jill).
Un asse «solido come una roccia»
Lo spartito comune è stato trascritto in poche battute. Elargite ai media per rimettere in vetrina le ragioni di un asse «solido come una roccia», nelle parole di Sunak. Mentre si è sorvolato sugli elementi di divergenza almeno potenziali: incluso l'annuncio recente americano sulla fornitura di bombe a grappolo vietate a Kiev (che imbarazza il Regno al pari di altri partner occidentali).
O la tempistica del futuro ingresso ucraino nell'Alleanza Atlantica, prospettiva che la Casa Bianca sembra per ora voler rinviare a dopo la fine della guerra (per limitare i rischi di scontro diretto con Mosca) e su cui invece «l'amico Rishi» mostra di spingere per un'accelerazione assieme ai falchi di Polonia e Paesi baltici.
O ancora la scelta del nuovo segretario generale della Nato, rispetto alla quale Washington sembra aver contribuito in modo decisivo a silurare la candidatura isolana del ministro della Difesa in carica, Ben Wallace, in favore probabilmente d'una nomina dilazionata dell'attuale presidente tedesca della Commissione Europea, Ursula von der Leyen.
USA e GB rimangono «gli alleati più vicini» della NATO
«Non potevo incontrare un amico più stretto e un alleato più importante», ha tagliato comunque corto Biden rivolgendosi al premier Tory dopo averlo apostrofato come «Mr. President» nell'ormai abituale gaffe di rito (rapidamente corretta).
Regno Unito e Stati Uniti rimangono «gli alleati più vicini» dell'intero consesso Nato, gli ha fatto eco Sunak, e sono impegnati spalla a spalla a sollecitare il resto del club a fare «tutto il possibile per rafforzare la sicurezza euroatlantica».
Due alleati che si muovono d'altronde in sintonia sulla retorica della linea della fermezza rispetto al conflitto russo-ucraino e che sono con ampio margine davanti a tutti (Stati Uniti largamente primi) nelle spese in armi e materiale bellico forniti a Kiev.
Sostegno che i due leader s'impegnano a continuare a garantire – in un messaggio scritto indirizzato nelle intenzioni soprattutto all'attenzione del Cremlino – «a lungo termine per la difesa ucraina»: fino «alla vittoria di questa guerra», e apparentemente ben oltre i parziali «progressi» rivendicati al momento alla «controffensiva» delle forze del presidente Zelensky.
«Mobilitare nuove risorse» per la «transizione energetica»
Con re Carlo, pioniere della causa ambientalista, la questione della guerra e della sicurezza hanno poi ceduto il posto ad altri argomenti ed emergenze. Quelle legate al cambiamento climatico e agli auspici di un'economia più sostenibile, affrontate con i reduci di un forum – presieduto oggi stesso a Londra alla presenza di investitori e filantropi dei due Paesi dal ministro dell'Energia britannico, Grant Shapps, e da John Kerry, inviato speciale americano per il clima – per cercare di «mobilitare nuove risorse» anche private verso l'obiettivo dichiarato: una «transizione energetica» ancora appesa a troppe incognite.