Medio Oriente - USA Biden diffida di Teheran e schiera altre navi e jet nel Mediterraneo orientale

SDA

15.10.2023 - 20:08

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden.
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden.
KEYSTONE

Mentre gli Stati Uniti mostrano i muscoli come deterrenza contro l'allargamento del conflitto tra Israele e Hamas, contemporaneamente perseguono la via diplomatica col segretario di Stato Antony Blinken che sembra aver sbloccato il corridoio d'uscita dalla Striscia per circa 500 americani col doppio passaporto.

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La Casa Bianca non nasconde il suo timore di un incendio nella regione all'indomani del monito dell'Iran di un suo intervento inevitabile se Israele prosegue l'operazione a Gaza e dello spostamento di pasdaran più vicino al confine tra Libano e Israele, dove già si sono intensificati gli scontri con Hezbollah, le milizie sostenute da Teheran.

«C'è il rischio di un'escalation di questo conflitto, dell'apertura di un secondo fronte a nord e, naturalmente, del coinvolgimento diretto dell'Iran in un modo o nell'altro», ha ammesso il consigliere per la sicurezza nazionale americana Jake Sullivan in un'intervista alla CBS.

«È un rischio di cui eravamo consapevoli fin dall'inizio, ecco perché il presidente ha agito in modo così rapido e deciso per spostare un'altra portaerei nel Mediterraneo orientale, per avere aerei nel Golfo: vuole inviare un messaggio molto chiaro a qualsiasi Stato o entità che potrebbe cercare di approfittare di questa situazione», ha aggiunto.

Un'altra portaerei «per dissuadere ogni azione ostile»

È stato il capo del Pentagono Lloyd Austin ad annunciare sabato l'invio di un'altra portaerei statunitense «per dissuadere ogni azione ostile a Israele o qualsiasi sforzo di allargare questa guerra». Si tratta della Uss Eisenhower, cui si affiancano l'incrociatore lanciamissili Philippine Sea, i cacciatorpedinieri lanciamissili Gravel e Mason e nove squadroni di aerei.

Raggiungerà la prima portaerei, la Uss Gerald R. Ford, dispiegata nella regione dopo gli attacchi di Hamas insieme all'incrociatore lanciamissili Normandy, i cacciatorpedinieri lanciamissili classe Arleigh-Burke Thomas Hudner, Ramage, Carney e Roosevelt, nonché otto squadroni di aerei. Gli Stati Uniti hanno anche spostato nella regione aerei da combattimento F-15, F-16 e A-10, quest'ultimi velivoli di supporto per l'attacco al suolo.

«Tutti i Paesi dove sono andato non vogliono che questo conflitto si allarghi»

Reduce dagli incontri con il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman e il presidente egiziano al-Sisi, cui ha chiesto di fare pressioni su Hamas, Blinken ha incassato intanto alcuni risultati diplomatici, a partire dalle rassicurazioni dei sei Paesi arabi alleati degli Stati Uniti: «Tutti i Paesi dove sono andato non vogliono che questo conflitto si allarghi», ha riferito.

Il capo della diplomazia si è inoltre detto convinto che il valico di frontiera di Rafah tra Gaza e l'Egitto «sarà aperto» per gli aiuti umanitari nella Striscia, come chiedeva l'Egitto per sbloccare l'uscita dei cittadini americani ed altri stranieri.

Blinken ha annunciato anche la nomina da parte di Joe Biden dell'ex diplomatico di lunga data David Satterfield come inviato americano per guidare gli sforzi umanitari Usa nel conflitto.

Ma deve fare i conti con le forti critiche di Egitto e Cina alla reazione di Israele, che secondo entrambi i Paesi è andata «oltre l'autodifesa» traducendosi in una «punizione collettiva».

Pechino è uscita allo scoperto schierandosi con i palestinesi. Così ha preso in contropiede gli Stati Uniti, che speravano in un ruolo di mediazione della Cina e che ora invece se la ritrovano come interlocutore di primo piano del mondo arabo: Washington probabilmente non sarà più l'unico broker nel conflitto israelo-palestinese.