Guerra in UcrainaBombe su Azovstal dopo le prime evacuazioni di civili
SDA
2.5.2022 - 21:29
L'incubo per un centinaio di civili ucraini, dopo settimane di oscurità, angoscia e privazione sotto i tunnel di Azovstal, è finalmente finito, ma per molti altri l'acciaieria di Mariupol rimane una prigione. Perché i russi, subito dopo le prime evacuazioni, hanno ripreso a bombardare l'impianto. Per costringere alla resa quel che resta delle truppe ucraine.
Keystone-SDA
02.05.2022, 21:29
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«Per la prima volta ci sono stati due giorni di vero cessate il fuoco su questo territorio. Più di 100 civili sono già stati evacuati, per primi donne e bambini», ha annunciato domenica sera il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dopo un accordo tra le parti con il coordinamento dell'Onu.
I russi hanno comunicato che oltre 120 civili hanno lasciato l'acciaieria: 46 sono rimasti «volontariamente» nei territori separatisti di Donetsk, mentre 96 sono partiti verso «territori controllati da Kiev, consegnati ai rappresentanti di Nazioni Unite e Croce Rossa». Con destinazione Zaporizhzhia, attesi dal personale dell'Unicef e delle ong.
«Due mesi di buio, ora non dovremo più andare al bagno con una torcia elettrica», ha raccontato Natalia Usmanova, una delle persone riuscite a salire su un autobus, lasciandosi il dramma alle spalle.
«Il nemico ha iniziato a usare ogni tipo di armi»
Sono tramontate invece le speranze di liberare tutti gli altri civili ad Azovstal. La Guardia nazionale ucraina ha denunciato che «non appena la prima evacuazione è stata completata, il nemico ha iniziato a usare ogni tipo di armi». Incluse le bombe, che sono continuate a cadere anche in serata, provocando un incendio visibile da tutta la città.
Sotto i tunnel del gigantesco impianto siderurgico, secondo Kiev, sarebbero rimaste almeno 200 persone, anche 20 bambini. Insieme all'ultimo manipolo di marines e di combattenti del Battaglione Azov, che rifiutano di arrendersi. Consapevoli che farebbero una brutta fine se finissero in mano russa.
Oltre alle bombe su Azovstal, i russi hanno tenuto alta la pressione su tutto il fronte costiero. Nuovi raid si sono abbattuti sulla regione di Odessa (colpendo anche un edificio religioso) ed il governatore ha parlato di «morti e feriti».
Gli ucraini invece hanno rivendicato di aver distrutto due motovedette nemiche vicino all'Isola dei Serpenti: uno dei simboli della resistenza, dove le guardie di frontiera respinsero in modo sprezzante la richiesta di arrendersi, nei primi giorni dell'invasione.
Il cuore dell'offensiva russa resta nel Donbass
Il cuore dell'offensiva russa resta comunque concentrata sul Donbass, dove si registra una progressione, seppure molto lenta, grazie alla superiorità di uomini e mezzi pesanti. Nel Donetsk l'avanzata sta spingendo in direzione di Sloviansk, una delle grandi città ancora in mano ucraina.
I combattimenti sono ancora più furiosi nel Lugansk, intorno a Izyum, Lyman e Rubizhne, mentre i russi preparano l'attacco a Severdonetsk. Le forze di difesa continuano però a resistere e negli ultimi giorni hanno riconquistato alcuni territori nell'area di Kharkiv.
La guerra si estende al confine russo
La guerra di fatto si è estesa anche al territorio russo, vicino al confine. Negli ultimi due giorni la regione di Belgorod è stata nuovamente presa di mira. Potenti esplosioni sono state avvertite dagli abitanti del capoluogo mentre un incendio è scoppiato in una struttura militare russa: un ferito e diverse case danneggiate.
A Kursk le autorità hanno comunicato che parte di un ponte ferroviario è crollato per un «sabotaggio». Sarebbero decine i siti colpiti finora dagli ucraini sul suolo russo, secondo Mosca.
E continua a crescere il numero delle vittime civili dall'inizio del conflitto. Sono oltre 3000, secondo i nuovi dati sono stati forniti dall'Onu, anche se le difficoltà di verifica fanno presumere che siano molte di più.
Mentre la procura di Kiev – al netto delle notizie circolate nelle settimane scorse sui media – ha annunciato di aver identificato formalmente il primo russo sospettato dei massacri a Bucha: Sergey Kolotsey, comandante di un'unità della Guardia nazionale russa. Avrebbe ucciso quattro uomini disarmati e torturato un altro civile.