Eliseo 2022 Con Pécresse si sgretola anche la destra gollista

SDA

10.4.2022 - 21:31

Valerie Pécresse vota in un seggio elettorale al primo turno delle elezioni presidenziali francesi a Velizy-Villacoublay.
Valerie Pécresse vota in un seggio elettorale al primo turno delle elezioni presidenziali francesi a Velizy-Villacoublay.
KEYSTONE/EPA/IAN LANGSDON

Era il 13 febbraio, una domenica pomeriggio, allo Zenith di Parigi davanti a 7'500 sostenitori. Lì, raccontano ancora oggi quelli che c'erano, il primo grande comizio della candidata Valérie Pécresse, l'avventura della prima donna chiamata a rappresentare la destra neogollista alle presidenziali, fu paragonata al naufragio del Titanic.

Le diagnosi su quello che avvenne in quell'ora e 20 minuti in cui la presidente della Regione Ile-de-France, vincitrice delle primarie a danni di Eric Ciotti, si inabissò con un'evidente inadeguatezza al ruolo di oratrice, si susseguono ancora oggi. La stessa protagonista cercò di spiegare un disagio momentaneo, un imbarazzo da superare.

In realtà, la scommessa Pécresse è tramontata in un paio di mesi e da sondaggi che la vedevano alla pari con Marine Le Pen al 16-17% è sprofondata al 5,1%, secondo gli exit poll. Persino François Fillon, che 5 anni fa affrontò una campagna azzoppato dallo scandalo degli incarichi parlamentari ai familiari, riuscì a superare il 20% e per poco non arrivò al ballottaggio. Invece, il 15% perso dalla Pécresse sembra essersi «estremizzato» e finito in parte nel carniere di Eric Zemmour, fermo comunque al 7%.

Se il piano di Emmanuel Macron nel 2017 era di svuotare la destra e la sinistra tradizionali per riempire i serbatoi del suo movimento «En Marche», il piano sembra riuscito soltanto a metà: socialisti e neogollisti, che hanno governato alternativamente la Francia per quasi 60 anni, si sono dissolti ma il partito macroniano non è di fatto mai nato. E i voti dei grandi partiti che furono dietro a François Mitterrand o a Jacques Chirac sono scivolati verso gli estremi.

Una campagna elettorale sfortunata

La parabola di Valérie Pécresse, che ha comunque lottato fino all'ultimo comizio nonostante una campagna elettorale sbagliata e sfortunata (ha avuto anche il Covid al momento del massimo sforzo), ha segnato queste elezioni come quella dei socialisti di François Hollande caratterizzò quelle del 2017. Durante gli ultimi difficili due mesi non le è arrivato alcun sostegno da Nicolas Sarkozy, che pure la nominò ministra durante il suo mandato.

Chiudendo malinconicamente, questa sera, la sua avventura, la Pécresse ha ammesso di «non essere stata in grado di convincere». Non ha dato indicazioni di voto ma ha detto che voterà per Macron, per opporsi all'estrema destra che porterebbe il paese «alla discordia, all'impotenza e al fallimento».

SDA