L’America Latina e i Caraibi sono le regioni del mondo in cui le donne subiscono più violenza. Alla luce di tanta violenza e assassinii a sfondo sessuale l’ONU ha pubblicato una relazione che lancia un campanello dall’allarme.
In alcune zone del Messico il numero di femminicidi è spaventosamente alto e costante. Queste croci chiedono «Verdad» (verità) e «Justicia» (giustizia).
Zurisadai Sevilla depone fiori sulla tomba della sorella Jessica Sevilla. La brutale morte di Jessica fa parte di un’ondata di femminicidi verificatasi nello stato più densamente popolato del Messico, che con 16 milioni di abitanti circonda su tre lati la capitale, Città del Messico. Alla luce dei numerosi casi di assassinio a danno di donne il governo federale nel 2015 per quello stato ha diramato l’allarme sulla violenza a sfondo sessuale.
Amici e parenti di Jessica Sevilla Pedraza si incontrano al cimitero. Jessica era stata rapita da uomini armati mentre era alla guida della sua auto, racconta Juana, la madre, che ad agosto ha dovuto identificare il cadavere della figlia 29enne all’obitorio. La giovane donna era stata uccisa con uno sparo in testa e poi decapitata. E gli assassini le avevano poi scuoiato il cranio. «Non capisco», dice le Pedraza. «Perché questa furia? Perché tutto quest’odio?»
La situazione ha provocato l’indignazione dell’opinione pubblica, sfociata in manifestazioni di protesta. Alcune delle morti sono da ricondurre a violenza domestica, mentre in altri casi si tratta a quanto pare di crimini occasionali da parte di sconosciuti. Spesso i cadaveri vengono profanati e poi abbandonati in luoghi pubblici, fatto che viene interpretato come messaggio per le altre donne: non esistono luoghi, orari o comportamenti sicuri.
Nella statistica nazionale lo stato del Messico è al secondo posto dopo la capitale, con 346 femminicidi dal 2001. Tra gennaio e luglio di quest’anno il numero di crimini rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente è diminuito, ma questo non può essere certo interpretato come segnale di miglioramento: lo sottolinea il ministro pubblico Dilcya Garcia Espinoza de los Monteros, incaricata di indagare sui delitti a sfondo sessuale.
Juana Pedraza ricorda la figlia assassinata. Dopo che Jessica Sevilla era scomparsa dalla cittadina Villa Cuauhtemoc, nei pressi della capitale messicana, la madre si era rivolta alle autorità, che però inizialmente l’avevano mandata via. I funzionari le avevano detto di tornare dopo due giorni, qualora la figlia non fosse ricomparsa, racconta la donna. «Questa è grave negligenza, perché forse mia figlia ora sarebbe ancora in vita.»
Paola Flores e Jesus Gonzalez hanno perso la figlia, Sagrario Gonzalez (17 anni), assassinata dopo essere stata violentata.
Soprattutto Juárez, città al confine con la texana El Paso, già da tempo era tristemente nota per i casi di femminicidio.
Dal 1993 nella città sono state uccise quasi 400 donne.
Sia a Città del Messico che nell’omonimo stato la gran parte dei casi di femminicidio si verifica nei comuni poveri della periferia che presentano un elevato tasso di violenza, corruzione e impunità. Sono pochi i colpevoli che pagano per i delitti commessi.
Gli esperti ritengono che a causa della definizione poco chiara il numero ufficiale di femminicidi sia un dato poco affidabile e in ogni caso troppo basso. Atti di violenza quali ad esempio la scomparsa di persone spesso non vengono rilevati ai fini statistici e restano impuniti.
Alcune delle donne violentate e uccise avevano appena tredici anni.
Femminicidi in Messico: quando le donne vengono trattate come spazzatura
In alcune zone del Messico il numero di femminicidi è spaventosamente alto e costante. Queste croci chiedono «Verdad» (verità) e «Justicia» (giustizia).
Zurisadai Sevilla depone fiori sulla tomba della sorella Jessica Sevilla. La brutale morte di Jessica fa parte di un’ondata di femminicidi verificatasi nello stato più densamente popolato del Messico, che con 16 milioni di abitanti circonda su tre lati la capitale, Città del Messico. Alla luce dei numerosi casi di assassinio a danno di donne il governo federale nel 2015 per quello stato ha diramato l’allarme sulla violenza a sfondo sessuale.
Amici e parenti di Jessica Sevilla Pedraza si incontrano al cimitero. Jessica era stata rapita da uomini armati mentre era alla guida della sua auto, racconta Juana, la madre, che ad agosto ha dovuto identificare il cadavere della figlia 29enne all’obitorio. La giovane donna era stata uccisa con uno sparo in testa e poi decapitata. E gli assassini le avevano poi scuoiato il cranio. «Non capisco», dice le Pedraza. «Perché questa furia? Perché tutto quest’odio?»
La situazione ha provocato l’indignazione dell’opinione pubblica, sfociata in manifestazioni di protesta. Alcune delle morti sono da ricondurre a violenza domestica, mentre in altri casi si tratta a quanto pare di crimini occasionali da parte di sconosciuti. Spesso i cadaveri vengono profanati e poi abbandonati in luoghi pubblici, fatto che viene interpretato come messaggio per le altre donne: non esistono luoghi, orari o comportamenti sicuri.
Nella statistica nazionale lo stato del Messico è al secondo posto dopo la capitale, con 346 femminicidi dal 2001. Tra gennaio e luglio di quest’anno il numero di crimini rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente è diminuito, ma questo non può essere certo interpretato come segnale di miglioramento: lo sottolinea il ministro pubblico Dilcya Garcia Espinoza de los Monteros, incaricata di indagare sui delitti a sfondo sessuale.
Juana Pedraza ricorda la figlia assassinata. Dopo che Jessica Sevilla era scomparsa dalla cittadina Villa Cuauhtemoc, nei pressi della capitale messicana, la madre si era rivolta alle autorità, che però inizialmente l’avevano mandata via. I funzionari le avevano detto di tornare dopo due giorni, qualora la figlia non fosse ricomparsa, racconta la donna. «Questa è grave negligenza, perché forse mia figlia ora sarebbe ancora in vita.»
Paola Flores e Jesus Gonzalez hanno perso la figlia, Sagrario Gonzalez (17 anni), assassinata dopo essere stata violentata.
Soprattutto Juárez, città al confine con la texana El Paso, già da tempo era tristemente nota per i casi di femminicidio.
Dal 1993 nella città sono state uccise quasi 400 donne.
Sia a Città del Messico che nell’omonimo stato la gran parte dei casi di femminicidio si verifica nei comuni poveri della periferia che presentano un elevato tasso di violenza, corruzione e impunità. Sono pochi i colpevoli che pagano per i delitti commessi.
Gli esperti ritengono che a causa della definizione poco chiara il numero ufficiale di femminicidi sia un dato poco affidabile e in ogni caso troppo basso. Atti di violenza quali ad esempio la scomparsa di persone spesso non vengono rilevati ai fini statistici e restano impuniti.
Alcune delle donne violentate e uccise avevano appena tredici anni.
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