Guerra in Medio Oriente«Ultima chance per i colloqui a Doha», stretta su Rafah
SDA
19.3.2024 - 21:54
I negoziati indiretti in corso a Doha (Qatar), ripresi dopo il gelo delle scorse settimane, sembrano essere l'ultima chance per una tregua a Gaza con gli stessi mediatori che avrebbero messo in guardia sul rischio che, se anche questo round dovesse fallire, i colloqui cesseranno.
19.03.2024, 21:54
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E mentre il portavoce del Ministero degli esteri del Qatar si è detto «cautamente ottimista» sulle trattative che si svolgono su tavoli separati, mediati dai padroni di casa e dall'Egitto, il capo del Mossad (i servizi segreti dello Stato ebraico focalizzati sulle operazioni all'estero) è tornato in patria, lasciando nella capitale qatarina la delegazione.
Il rientro di David Barnea appare legato alla necessità di mettere a punto la posizione israeliana sugli sviluppi del negoziato. E, non a caso, Barnea ha partecipato al gabinetto di guerra per illustrare lo stato dell'arte che, secondo diverse fonti, presenta ancora punti di caduta non facili da risolvere.
Il mandato affidato dal governo al capo del Mossad è ampio, ma con precise «linee rosse» sul numero dei detenuti palestinesi da liberare, quello degli ostaggi da rilasciare e sul cessate il fuoco permanente nella Striscia, come chiesto da Hamas alla fine della prima delle tre fasi della possibile intesa.
Il capo della fazione palestinese, Ismail Haniyeh, accusa intanto Israele di «voler sabotare i negoziati» con l'operazione all'ospedale al Shifa, nella Striscia. Operazione che prosegue con il portavoce militare che ha annunciato l'uccisione di «oltre 50 terroristi e la cattura di circa 180 sospetti».
Israele «determinato a portare a termine l'eliminazione dei battaglioni di Hamas a Rafah»
La telefonata di ieri con il presidente degli Usa Joe Biden non sembra intanto aver dissuaso il premier israeliano Benyamin Netanyahu sull'operazione a Rafah: «Ho detto a Biden nella forma più chiara» che Israele «è determinato a portare a termine l'eliminazione dei battaglioni di Hamas a Rafah» e di quello nel centro della Striscia. «E non c'è modo di farlo – ha proseguito il premier israeliano – senza un ingresso di forze di terra sul posto».
Un'operazione che l'Autorità nazionale palestinese (Anp) denuncia sia già iniziata, sottolineando che l'intensificarsi dei raid su Rafah sono un segnale che la distruzione della città nel sud della Striscia è cominciata senza annunci, per evitare reazioni internazionali e per non dover aspettare il permesso di nessuno.
Netanyahu ha comunque confermato che, su richiesta del presidente statunitense, invierà – a quanto sembra a breve – una delegazione a Washington composta dal ministro degli affari strategici Ron Dermer, dal responsabile della sicurezza nazionale Tzachi Hanegbi e da un rappresentante dell'esercito per discutere dell'operazione che preoccupa gli Stati Uniti.
Secondo alcune fonti a conoscenza dei contenuti della telefonata, citate dal sito di notizie americano con sede ad Arlington (Virginia) Axios, Biden avrebbe comunque rassicurato Netanyahu sul fatto che non sta cercando di indebolirlo politicamente e che non ha intenzione di intervenire nella politica interna israeliana.
165esimo giorno di guerra
Al 165esimo giorno di guerra, l'esercito israeliano continua intanto a operare a sud, sull'asse che va da Khan Yunis a Rafah, al centro di Gaza, ma anche al nord dove a Jabalya – secondo l'agenzia di stampa palestinese Wafa – ci sono «stati otto morti, tra cui anche dei bambini».
Le forze armate dello Stato ebraico hanno anche fatto sapere che nell'attacco a Jabalya è stato ucciso, insieme alla famiglia, Raid al-Banna, un ufficiale dei servizi segreti del ministero degli interni di Hamas. Eliminato anche – secondo la stessa fonte – Mahmud al-Bayumi, capo della polizia di Nusseirat.
La popolazione di Gaza vive «gravi livelli di insicurezza alimentare acuta»
La situazione umanitaria nell'enclave palestinese è stata denunciata ancora una volta dal segretario di Stato degli Usa Antony Blinken, in arrivo nella regione con tappe in Arabia Saudita ed Egitto, ma non in Israele: l'intera popolazione di Gaza sta vivendo «gravi livelli di insicurezza alimentare acuta», ha rimarcato mentre gli Usa hanno chiesto di far entrare a Gaza il direttore generale dell'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi nel vicino oriente (Unrwa), l'italo svizzero Philippe Lazzarini, a cui Israele ha negato il visto di ingresso.
Un nuovo allarme arriva anche dal segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, secondo cui «l'imminente carestia nella parte settentrionale di Gaza è un disastro interamente provocato dall'uomo. Ribadisco il mio appello per un cessate il fuoco umanitario immediato. Dobbiamo agire ora per prevenire l'impensabile, l'inaccettabile, l'ingiustificabile», ha scritto sulla rete sociale X.
Continua infine ad aggravarsi il bilancio delle vittime nella Striscia, che secondo i dati del ministero della sanità di Hamas – che non è possibile verificare in modo indipendente – è arrivato a 31'819 morti (93 nelle ultime 24 ore) e 73'934 feriti.