Medio Oriente Forza internazionale a Gaza, Bibi minaccia il veto, «Decidiamo noi le forze in campo»

SDA

26.10.2025 - 21:35

Benjamin Netanyahu 
Benjamin Netanyahu 
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«È Israele a decidere quali forze sono per noi inaccettabili»: il premier Benyamin Netanyahu mette in chiaro che lo Stato ebraico ha diritto di veto sulla formazione della forza internazionale di stabilizzazione che il suo alleato americano sta cercando di mettere in piedi per proteggere la Striscia di Gaza del dopoguerra.

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Un potere, quello rivendicato da Bibi, da esercitare prima di tutto contro la Turchia del «nemico» Recep Tayyip Erdogan, alla quale le forze israeliane hanno già negato l'ingresso di squadre di ricerca dei corpi degli ostaggi, autorizzando invece team egiziani e del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR).

Il diritto di veto da parte di Israele

«Siamo uno Stato indipendente» e «la nostra politica di sicurezza è nelle nostre mani», ha chiarito il premier israeliano. E in questo senso, «rispondiamo a nostra discrezione agli attacchi, come abbiamo visto in Libano e più recentemente a Gaza».

Come a dire che la girandola di visite «Made in USA» delle ultime settimane, a partire dal presidente Donald Trump fino al segretario di Stato per gli affari esteri Marco Rubio passando per l'inviato speciale Steve Witkoff, il genero Jared Kushner e il vicepresidente JD Vance, non rappresentano in alcun modo una cessione di potere all'alleato americano.

Bibi mostra la sua solidità all'esecutivo

Se da una parte le dichiarazioni di Bibi vogliono chiarire al mondo che se minacciato, lo Stato ebraico agirà, dall'altra parlano anche al suo interno: senza maggioranza parlamentare e con una coalizione indebolita dall'accordo con Hamas – duramente criticato dall'estrema destra nel suo esecutivo – il premier cerca in tutti i modi di mostrarsi saldo nelle sue posizioni, e di dirsi indipendente da Washington.

Gli estremisti israeliani vogliono la ripresa della guerra

Ma la situazione reale è ben più complessa delle parole. Bibi è infatti stretto tra le forze dell'ala più estremista del governo, che vorrebbe il pugno di ferro su Gaza e la ripresa della guerra, e le pressioni americane di non oltrepassare limiti che potrebbero mettere a repentaglio la tenuta del cessate il fuoco e in generale, del piano statunitense.

Hamas deve restituire i corpi degli ultimi ostaggi

Dopo che da diversi giorni Hamas non è riuscita a consegnare i corpi ancora mancanti degli ostaggi, Israele ha preso in considerazione l'idea di interrompere le consegne di aiuti a Gaza per fare pressione sul gruppo terroristico affinché rispettasse i termini dell'intesa. Ma l'amministrazione Trump avrebbe bloccato la mossa, secondo indiscrezioni di Channel 12, temendo per la tenuta della tregua.

«Per il presidente, mettere in pericolo gli aiuti umanitari è una linea rossa», hanno affermato i funzionari statunitensi. Al contempo, Trump non è rimasto silente sui ritardi nella consegna dei cadaveri degli rapiti: «abbiamo una pace forte in Medio Oriente e credo ci siano chance che possa essere eterna.

Hamas deve iniziare a restituire velocemente i corpi degli ostaggi morti», ha ordinato il leader americano sabato sera sottolineando che avrebbe «seguito» gli sviluppi delle successive 48 ore in questo senso.

Da giorni si rincorrono le voci della possibile consegna di almeno due ulteriori corpi dei rapiti a Gaza. Ma a conti fatti ne mancano ancora 13 all'appello, mentre una squadra egiziana si è aggiunta alle ricerche dei cadaveri nella Striscia.

E anche il CICR, stando a quanto riportato dai media israeliani e arabi, sta assistendo i miliziani di Hamas nella ricerca dei resti dei rapiti nell'area di Rafah oltre alla Linea gialla, quindi al di fuori del controllo dell'esercito israeliano.

Restituzione dei corpi indispensabile per iniziare la fase 2

Il recupero degli ultimi corpi è cruciale per sbloccare la fase due dell'intesa, che oltre al dispiegamento della forza di stabilizzazione internazionale prevede il disarmo di Hamas tanto invocato da Netanyahu.

Un tema spinoso sul quale è tornato a parlare il leader dei miliziani Khalil al-Hayya, secondo cui «le armi» del gruppo «sono legate all'esistenza dell'occupazione e dell'aggressione israeliana. Se l'occupazione dovesse finire, queste armi verrebbero consegnate allo Stato», ha assicurato il leader palestinese spiegando tuttavia che il tema è ancora in fase di discussione con le altre fazioni armate e i mediatori.

Hamas, ha aggiunto, non ha riserve nel trasferire le responsabilità amministrative di Gaza a qualsiasi organismo nazionale palestinese. E vuole anche che si tengano elezioni in tutta la Palestina.