Medio OrienteGiallo sulla morte di Issa, vice delle brigate di Hamas
SDA
17.3.2024 - 20:56
È giallo sul destino di Marwan Issa, numero 2 delle Brigate Qassam e membro di rango di Hamas.
17.03.2024, 20:56
SDA
Fonti non identificate della fazione islamica, citate dal Jerusalem Post, hanno fatto sapere che è morto.
Media arabi, riportati dal sito Ynet, hanno invece sostenuto che che il suo destino «ancora non è noto».
E mentre si stanno per aprire i nuovi colloqui a Doha in Qatar per raggiungere una nuova tregua, cresce sempre di più la pressione internazionale su Israele per bloccare l'operazione militare a Rafah, nel sud della Striscia, dove si accalcano oltre un milione di sfollati palestinesi.
Colpito da un raid aereo in un bunker
Quello che, ad ora, è sicuro sulla vicenda di Marwan Issa è che è stato «colpito» lo scorso 8 marzo in un raid israeliano, con bombe capaci di penetrare in profondità nel terreno, in un bunker a Nuseirat, nel centro della Striscia.
Da allora della sua sorte non si è saputo più nulla. L'esercito israeliano si è limitato a dire che è stato appunto «colpito» ma che non ci sono prove certe della sua morte.
Neppure fonti ufficiali di Hamas hanno finora confermato il decesso. A offrire però sostanza all'ipotesi che sia stato ucciso in quel raid – hanno fatto notare fonti riferite dai media in questi giorni – gioca la mancanza di ogni messaggio da parte sua o attraverso contatti ravvicinati con altri comandanti militari o canali criptati della fazione islamica.
Un indizio importante, anche se manca il rinvenimento del cadavere, semmai si troverà.
Le preoccupazioni internazionali per Rafah
L'azione militare israeliana a Rafah – anche oggi confermata dal premier Benyamin Netanyahu – inquieta intanto la comunità internazionale.
«Noi e i leader europei – ha sottolineato il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi nel vertice con la Ue al Cairo – abbiamo concordato di respingere l'ipotesi di un'operazione militare da parte di Israele a Rafah, che raddoppierebbe la misura della catastrofe umanitaria di cui soffrono i civili nella Striscia di Gaza».
«Siamo molto preoccupati – ha confermato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen – per i rischi che un'offensiva su larga scala a Rafah potrebbe avere sulla popolazione civile vulnerabile. Questo deve essere evitato a tutti i costi».
La pressione internazionale non frena Netanyahu
Netanyahu ha ribattuto che «nessuna pressione internazionale» impedirà a Israele di raggiungere i suoi obiettivi nella guerra ad Hamas, compresa l'operazione a Rafah che «avverrà» nelle prossime settimane.
Ma ha ribadito ancora una volta che l'azione militare non partirà «prima che sia sgomberata la popolazione civile».
Anche il problema degli aiuti umanitari è un argomento scottante. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz – in visita in Israele – ha denunciato che non si può «restare a guardare i palestinesi che muoiono di fame» e che per questo è necessario un cessate il fuoco di «lunga durata».
«Stiamo facendo sforzi per aumentare gli aiuti, ma il problema principale – ha ribattuto Netanyahu – è la loro distribuzione. Dal momento in cui gli aiuti sono entrati a Gaza, sono stati rubati da Hamas».
Si negozia in Qatar
Anche il fronte con l'amministrazione Biden è in fermento: dopo le dichiarazioni del senatore democratico Chuck Schumer sulla necessità di nuove elezioni in Israele, Netanyahu ha replicato – dopo aver definito quelle parole «totalmente inappropriate» – che chi vuole il voto cerca «di bloccare la guerra a Gaza».
Ora le speranze di una svolta, pur con tutte le cautele del caso, sono affidate ai negoziati in Qatar: Israele a breve deciderà la sua posizione prima che la delegazione, guidata dal capo del Mossad David Barnea, voli a Doha.
Al 163esimo giorno di guerra i morti a Gaza secondo i dati di Hamas, che non è possibile verificare in modo indipendente, sono arrivati a 31.645, con 73.676 persone ferite.