Crisi nucleareL'Occidente teme una nuova escalation con Teheran
SDA
12.6.2025 - 21:38
L'Occidente teme un attacco imminente.
Keystone
A pochi giorni dai negoziati con gli Stati Uniti, l'Iran sfida l'Occidente annunciando nuove attività di arricchimento dell'uranio, mentre Israele valuta un attacco preventivo e Washington cerca di evitare una nuova escalation regionale.
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12.06.2025, 21:38
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La tensione intorno all'Iran torna bruscamente a salire, a pochi giorni dal nuovo round di negoziati con gli Stati Uniti. L'Aiea ha denunciato che Teheran non sta rispettando i suoi obblighi sul dossier nucleare, ma la risposta del regime è stata un atto di sfida: l'arricchimento dell'uranio proseguirà.
La nuova crisi è esplosa sullo sfondo di notizie ancora più destabilizzanti: Israele sarebbe pronto a lanciare un'operazione militare contro il nemico giurato della regione.
«È una possibilità ma non imminente», ha poi detto Donald Trump, lanciando un appello allo Stato ebraico a non colpire per non far saltare il negoziato. Allo stesso tempo, alla luce della crescente instabilità nella regione, la sua amministrazione ha deciso di mandare via il personale diplomatico non essenziale.
L'Occidente non si fida di Teheran
Il nodo dell'arricchimento dell'uranio resta il punto principale della contesa tra Iran e Stati Uniti, che domenica si rivedranno in Oman per la sesta volta. Per Teheran è un diritto «non negoziabile» nel suo percorso verso un programma nucleare civile, mentre gli Stati Uniti lo hanno definito una «linea rossa».
Convinti, insieme a Israele e altri Paesi occidentali, che questo processo consenta di arrivare a un'arma atomica. L'isolamento iraniano su questo dossier ora è stato certificato anche dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica, che ha approvato una risoluzione di condanna per la «mancata conformità» di Teheran agli obblighi nucleari previsti dal Trattato di Non Proliferazione Nucleare.
Una violazione che potrebbe gettare le basi per un ripristino delle sanzioni Onu, si legge nella risoluzione, promossa da Londra, Parigi, Berlino e Washington e approvata da 19 Paesi su 35 (con Mosca e Pechino contrarie).
Il monito di Teheran
Il regime degli ayatollah ha bollato la risoluzione Aiea come «politicamente motivata» dall'influenza israeliana e «priva di fondamenti giuridici» ed ha ordinato di «avviare un nuovo centro di arricchimento in un luogo sicuro», che «sostituirà le macchine di prima generazione con macchine avanzate di sesta generazione».
Decisione preceduta da minacce di prendere di mira le basi americane in Medio Oriente, a partire dall'Iraq, se un eventuale fallimento dei negoziati con Washington dovesse portare a un attacco contro l'Iran.
Il monito di Teheran è rivolto soprattutto a Israele, che ha ripetutamente avvertito di poter lanciare raid sui siti nucleari in territorio iraniano. E che adesso, secondo quanto è emerso da alcuni resoconti pubblicati dai media statunitensi tra cui la «Nbc» e il «New York Times», starebbe valutando di passare all'azione, anche senza il supporto degli Stati Uniti, che finora si sono sempre opposti.
Il blitz, hanno fatto sapere funzionari di Washington, potrebbe scattare nei prossimi giorni, sfruttando la crescente frustrazione di Trump per lo stallo nei colloqui con l'Iran.
Gli USA vogliono bloccare nuove escalation
In serata invece il presidente americano è tornato a parlare di «accordo sul nucleare vicino», tanto da chiedere a Israele di «non attaccare». «Ma gli iraniani - ha avvertito - si devono impegnare di più nei negoziati».
Washington almeno in questa fase vorrebbe scongiurare una nuova escalation regionale che costerebbe caro anche al suo alleato: Steve Witkoff, come riferito da Axios, ha messo in guarda i senatori repubblicani sulla possibilità che la risposta dell'Iran a un eventuale attacco di Israele potrebbe essere sanguinosa e causare molte vittime.
Nel frattempo il Dipartimento di Stato, per proteggere i connazionali, ha ordinato al personale non essenziale e alle famiglie di lasciare le ambasciate Usa in Bahrein e in Kuwait. Anche la sede di Gerusalemme ha limitato i movimenti dei suoi funzionari.