Inchiesta durata 2 anni «Orrore in chat», maxi blitz in Italia contro la pedopornografia

SDA

16.12.2020 - 22:30

Immagine d'illustrazione
Immagine d'illustrazione
archivio Keystone

«Materiale tossico», «conversazioni allucinanti», «scene dell'orrore». È la realtà riassunta da investigatori e inquirenti, venuta a galla con la maxi inchiesta della Polizia postale e della Procura di Milano su diverse reti di pedofili, anche internazionali, che hanno scambiato su chat di Telegram e WhatsApp centinaia di migliaia di foto e video pedopornografici, tra cui persino immagini di «torture» su neonati di 6 mesi e di altre violenze raccapriccianti su bambini.

Quasi una ventina di persone sono state arrestate in flagranza tra ieri e oggi in tutta Italia, a seguito di una sessantina di perquisizioni in 53 province e 18 regioni e con sequestri di dispositivi informatici eseguiti dalla Postale di Milano e del Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia online di Roma.

Si tratta tratta della più imponente operazione degli ultimi anni contro la pedopornografia online, hanno indicato oggi gli inquirenti italiani. Le indagini sono coordinate dai procuratori aggiunti Eugenio Fusco e Letizia Mannella e dai pm Cristian Barilli e Giovanni Tarzia.

Chat seguite da ben due anni

Per due anni agenti sotto copertura hanno seguito passo passo il moltiplicarsi di quelle chat in cui i «promotori» di un'associazione per delinquere (reato contestato nell'indagine), un ottico 71enne napoletano con collaborazioni universitarie e un disoccupato ventenne veneziano, che amministravano i gruppi, cercavano di non far accedere persone che avrebbero potuto creare loro problemi. E sarebbero stati sempre loro a reclutare «nuovi sodali» in ogni parte del mondo.

Gli indagati e gli arrestati nel maxi blitz 'Luna Park' sono persone di tutte le estrazioni sociali: affermati professionisti, operai, studenti, professori universitari, pensionati, un vigile urbano.

Un impiegato 60enne deteneva da solo quasi 31mila files ed è finito in carcere. Dei 432 utenti identificati, che utilizzavano canali e chat per far girare il materiale, un'ottantina risiedono in Italia, gli altri all'estero dove sono stati eseguiti negli ultimi giorni una ventina di arresti, tra Asia, Europa (un blitz in Spagna in particolare) e Sud America.

Dei 159 gruppi individuati, sedici erano delle associazioni per delinquere (tra i reati quelli di detenzione, diffusione e cessione di materiale pedopornografico), al cui interno si distinguevano «promotori, organizzatori e partecipi», con ruoli e compiti definiti.

Anche «contatti diretti» con i minori

Oltre allo scambio di immagini di violenze su bambini – video realizzati soprattutto in Paesi africani, asiatici, come le Filippine, e sudamericani – in alcuni casi i presunti pedofili avrebbero offerto anche la possibilità di arrivare ad avere «contatti diretti» con minori. Tentativi di adescare bambini che emergono proprio da alcune chat monitorate.

Durante il lockdown e la pandemia – ha spiegato l'aggiunto Mannella – i bambini «sono molto più indifesi e più facilmente vittime di adescamenti» e c'è stato un «aumento dei reati di pedopornografia». Purtroppo la pandemia, ha spiegato anche la direttrice del Servizio Polizia Postale, Nunzia Ciardi, «ha avuto l'ulteriore effetto collaterale di far esplodere i cyber-reati».

Con le perquisizioni, i sequestri e gli arresti in flagranza eseguiti nel giro di due giorni (tra cui quattro nel capoluogo lombardo, due in Toscana e uno a Udine) sono state trovate anche tantissime nuove chat e altre migliaia di immagini di violenze e, dunque, le indagini si stanno già allargando coinvolgendo sempre più soggetti. E ciò anche se in molti hanno tentato di cancellare le tracce 'ripulendo' i dispositivi.

Inquirenti e investigatori stanno approfondendo pure i filoni relativi agli abusi filmati e poi fatti circolare sui gruppi. E sono in contatto con le autorità di diversi Paesi.

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