Italia Italia: piano di rilancio per 222 miliardi trasmesso al Parlamento

SDA

25.4.2021 - 21:06

La fontana di Trevi a Roma
La fontana di Trevi a Roma
Keystone

Il Governo italiano ha trasmesso oggi al Parlamento il testo del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che si inserisce all'interno del Next Generation EU (Ngeu), il pacchetto da 750 miliardi di euro concordato dall'UE in risposta alla crisi pandemica.

Il Piano italiano prevede investimenti pari a 191,5 miliardi di euro, finanziati attraverso il Dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza, lo strumento chiave del Ngeu. Ulteriori 30,6 miliardi sono parte di un Fondo complementare, finanziato attraverso lo scostamento pluriennale di bilancio approvato nel Consiglio dei ministri del 15 aprile. Il totale degli investimenti previsti su suolo italiano è pertanto di 222,1 miliardi di euro.

Un piano definito «epocale» che, superate le divergenze con Bruxelles, mira a cambiare l'Italia in 5 anni con un aumento della crescita del 3,6%, una riduzione sensibile dello storico divario tra Nord e Sud del Paese e un impatto di 16 punti di Pil al 2026 che per il Mezzogiorno sarà più forte, fino a «24 punti percentuali».

Una delle principali preoccupazioni di Bruxelles era legata proprio alla atavica difficoltà italiana di sfruttare appieno i fondi, traducendoli in progetti e cantieri: ma le regole del Recovery parlano chiaro, e legano all'effettivo raggiungimento degli obiettivi lo stanziamento delle risorse ogni sei mesi. Ecco allora che, rispetto alle bozze circolate nei giorni scorsi, il piano trasmesso alle Camere – dove il premier Mario Draghi lo illustrerà tra lunedì e martedì – indica un timing serrato per le riforme, a partire dalle semplificazioni.

Il primo dei decreti leggi per attuare il Recovery sarà infatti presentato, è messo nero su bianco, «entro la prima settimana di maggio». Per la metà di luglio – quando dovrebbe arrivare la prima tranche da 24 miliardi di anticipo – sarà quindi pronto il nuovo set di regole per ridurre burocrazia e vincoli e tagliare i tempi per l'approvazione dei progetti. Si andrà dalla proroga di una serie di norme già in vigore dall'estate scorsa, all'istituzione di una commissione ad hoc, statale, per la valutazione di impatto ambientale per le opere del Pnrr, fino all'eliminazione degli ostacoli burocratici che hanno frenato finora l'utilizzo del Superbonus.

Ma gli obiettivi del Recovery Plan sono «ambiziosi» in tutti gli ambiti, dalla banda ultralarga che dovrà raggiungere 8 milioni e mezzo di famiglie, altre 9mila scuole e 12mila ospedali, al riciclo della plastica che a fine piano dovrà arrivare al 65% o lo spreco dell'acqua che andrà ridotto almeno del 15%. Risultati che per essere ottenuti avranno bisogno di interventi sulla regolazione che in parte, come nel caso delle Tlc, arriveranno con la legge sulla concorrenza, che tornerà annuale a partire da quella che sarà presentata alla metà di luglio.

Tutti i ministeri dovranno correre: la pubblica amministrazione vedrà cambiare le regole per reclutamento e concorsi, le carriere, la formazione, la digitalizzazione, e avrà a disposizione «1,67 miliardi tra fondi Pnrr e fondi strutturali» per «mettere al centro la competenza», come sottolinea il ministro Renato Brunetta. Mentre la giustizia sarà impegnata a rivedere l'intero sistema per tagliare i tempi dei processi, a partire dai processi civili, per eliminare uno dei freni più potenti all'attività economica. L'obiettivo, in questo caso, è adottare le deleghe entro settembre 2021 e chiudere con tutti i decreti attuativi entro settembre 2022.

Altra riforma «chiave» e «parte integrante della ripresa» sarà anche quella del fisco, che pure figura tra quelle «di accompagnamento al piano» (perché non utilizza direttamente le risorse europee): il governo si impegna a presentare la delega entro la fine di luglio e a insediare una commissione di esperti per procedere rapidamente anche con i decreti attuativi, partendo dal lavoro che sta portando avanti il Parlamento con una apposita indagine conoscitiva che entro giugno dovrebbe produrre un documento finale con linee guida il più possibile condivise tra le forze politiche della larga maggioranza.