Usa L'ira di Trump per il Russiagate, ma popolarità crolla

ATS

2.11.2017 - 12:49

Pokalduell: Dortmunds Sokratis (l) und Bayern-Angreifer Robert Lewandowski treffen in der 3. Runde aufeinander. Foto: Kay Nietfeld
Pokalduell: Dortmunds Sokratis (l) und Bayern-Angreifer Robert Lewandowski treffen in der 3. Runde aufeinander. Foto: Kay Nietfeld
DPA

Alla Casa Bianca aria pesante nel piovoso week-end di fine ottobre, alla vigilia di quella che si preannuncia come una clamorosa svolta nelle indagini del Russiagate, con la formalizzazione dei primi capi di accusa e, forse, i primi arresti.

A rasserenare il clima non ha contribuito di certo l'ultimo sondaggio di Nbc e Wall Street Journal, secondo cui la popolarità di Donald Trump è crollata al 38%: mai così bassa per un presidente degli Stati Uniti in epoca moderna. Dopo nove mesi di mandato George W.Bush era all'88%, Barack Obama al 51% e Bill Clinton al 47%. Ad abbandonare il tycoon soprattutto tanti elettori che lo votarono tra le fila degli indipendenti e tra i maschi di razza bianca non laureati.

Il tycoon - trapela dalle mura della West Wing - è stato visto aggirarsi più nervoso che mai, fare la spola tra il suo appartamento privato e lo Studio Ovale. Sabato neanche una puntata al Trump National Golf Club di Potomac Falls, a due passi da Washington, e la cena con la moglie Melania al Trump International Hotel sono riusciti a rasserenarlo un po'. E la sua frustrazione emerge ancora una volta dai tweet rabbiosi delle ultime ore.

"Le collusioni tra Donald Trump e la Russia sono false, non esistono", è solo una "caccia alle streghe" messa in piedi dai democratici, ribadisce il presidente americano. Senza mai citare Robert Mueller, il procuratore speciale che coordina le indagini sul Russiagate, Trump denuncia come gli investigatori invece di inseguire "storie fasulle" dovrebbero scavare più a fondo sulle vicende di Hillary Clinton: dall'Emailgate all'accordo con la Russia sull'uranio, passando per i dossier falsi su di lui. "È ora di fare qualcosa", attacca.

Ma il presidente sa bene che la situazione potrebbe degenerare nelle prossime ore, con le manette pronte a scattare per alcuni degli uomini più fidati della sua campagna elettorale: dall'ex responsabile Paul Manafort all'ex consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Michael Flynn. Entrambi a diverso titolo coinvolti nei presunti legami tra il mondo di Trump e Mosca. E il timore è che possa solo essere l'inizio di un'onda lunga che può arrivare a travolgere persone molto più vicine al presidente, dal genero Jared Kushner al figlio Donald Jr.

Così Trump medita le contromosse: "Sarà interessante vedere come reagirà", spiega Preet Bharara, l'ex procuratore generale di New York licenziato a marzo proprio da Trump per le sue posizioni critiche. "Dalla storia recente sappiamo che il presidente ha sempre avuto reazioni molto forti di fronte a eventi che lo riguardano", spiega Bharara, che avanza l'ipotesi di grazia se qualcuno della sua cerchia dovesse essere incriminato.

Saranno i prossimi giorni a dire quanto gli sviluppi del Russiagate incideranno sulla presidenza. Mentre Barack Obama, dopo mesi di titubanza, si appresta a una nuova discesa in campo in grande stile: l'occasione sarà il summit della sua Fondazione a Chicago, il 31 ottobre e 1 novembre. Una grande kermesse alla quale parteciperanno tanti personaggi.

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