Italia Letta leader: «Pd nuovo e vincente, non per il potere»

SDA

14.3.2021 - 22:05

«Non sono qui per guidarvi alla sconfitta». Enrico Letta è il nuovo segretario del Partito demcoratico (Pd). Si candida a plasmare un «nuovo partito» non votato solo al potere, che sappia aprirsi anche a chi vive fuori dalle Zone a traffico limitato (Ztl) e piaccia ai giovani. E che vinca.

Enrico Letta in un foto del 2013.
Enrico Letta in un foto del 2013.
KEYSTONE

Sulle orme dell'Ulivo di Prodi, con una coalizione di centrosinistra «espansa» da Roberto Speranza a Matteo Renzi, pronta ad allearsi con «il Movimento 5 Stelle (M5s) di Giuseppe Conte». L'orizzonte è il 2023: battere Giorgia Meloni e Matteo Salvini, sfidandoli fin da ora su temi come lo ius soli.

Ma il primo ostacolo da superare è quello interno. Trasformare il plebiscito delle correnti, che in assemblea gli tributano 860 sì, con soli 2 no e 4 astenuti, nel voto fondativo di un soggetto che sia «progressista nei valori, riformista nel metodo e radicale nei comportamenti tra di noi». Letta ci prova: discussione nei circoli e verifica nei gruppi parlamentari sono il primo atto.

Il ritorno dopo sette anni

Dice di sentire il peso di chiamarsi «Enrico», come Berlinguer. Colloca Romano Prodi, Jacques Delors e Nino Andreatta nel suo pantheon. Ringrazia Nicola Zingaretti per averlo «chiamato». «Scelgo il partito», dice quasi come fosse un atto di fede. Letta rimette piede al Nazareno, con tanto di selfie commemorativo in ascensore, a sette anni dalla cacciata da Palazzo Chigi e dopo il lungo 'esilio' parigino.

Non sono anni passati invano, lo dimostrano i tanti messaggi che gli arrivano anche dall'estero: «Sono stato uomo di corrente, ma un partito di correnti non funziona», dice ai capicorrente e delegati semplici che lo ascoltano in streaming.

«Arrivo da uomo libero»

Giù la maschera, chiede citando Pirandello, senza unanimismi o accordi segreti. «Arrivo da uomo libero, non vi serve un nuovo segretario ma un nuovo partito», afferma annunciando di aver rinunciato a tutti gli incarichi retribuiti e aver tenuto solo la presidenza della fondazione Delors. «Ho ricevuto più messaggi in pochi giorni che in sette anni, ma non arrivo sulle ali dell'esaltazione», afferma.

Il governo Draghi «è il nostro», rivendica Letta, che con il premier italiano ha avuto contatti. Dal Recovery plan strutturale alla sostenibilità, ai diritti coniuga il suo europeismo. Parla di progressività fiscale e partecipazione dei lavoratori ai profitti di azienda. Di povertà e giustizia. Chiede il voto per i sedicenni e sfida Matteo Salvini sul terreno dello ius soli: è lui – dice – a dover spiegare perché sostiene questo esecutivo.

Quattro riforme per curare la «democrazia malata»

L'ex premier propone la cittadinanza italiana ed europea a Patrick Zaki. Ed elenca quattro riforme per 'curare' una democrazia «malata»: una proposta per limitare il trasformismo e i cambi di casacca (ma senza eliminare il divieto di vincolo di mandato), una nuova legge elettorale (non dice se proporzionale o maggioritaria, ma «né Rosatellum né Porcellum"), la sfiducia costruttiva e la legge sui partiti.

Sono proposte che Letta dettaglierà nel vademecum che invierà ai circoli per una discussione di due settimane, che precederà una nuova assemblea. Intanto il segretario avvierà una «verifica» sulla linea nei gruppi parlamentari di Camera, Senato ed europarlamento. Perciò circola l'ipotesi – che non trova conferme – che i capigruppo Andrea Marcucci e Graziano Delrio si dimettano, come fatto dopo l'elezione di Zingaretti, per venire magari rieletti.

Riformare il Pd

Quanto al partito, Letta lancia l'idea di una «Università Democratica», una scuola di formazione cui partecipino anche i dirigenti, e di agorà digitali per allargare la partecipazione. Il modello, avverte, non è Rousseau né il leaderismo: giovani al centro, insiste, spiegando che ne avrà molti al suo fianco.

E affronterà di petto il «problema» della parità di genere. Nulla ancora trapela su vicesegretari e segreteria: dovrebbe essere unitaria, dopo il voto in assemblea, ma snella e con scelte nuove. Letta annuncia due deleghe alle pmi e alla «prossimità».

«Non possiamo essere la protezione civile della politica, il partito del potere», dice il neo-segretario sferzando le correnti. E declina a modo suo la vocazione maggioritaria, come coalizione che vinca alle comunali e poi nel 2023: «Parlerò con Speranza, con Bonino, con Calenda, con Renzi, con Bonelli, Fratoianni, con la società», dice. E annuncia un incontro con il M5s «di Conte», per confrontarsi «con rispetto e ambizione», senza subalternità.

Alleati disposti al dialogo

I potenziali alleati danno la disponibilità al dialogo: «Assolutamente necessario il confronto e il comune impegno per il bene del Paese», scrive Conte su Twitter.

Mentre Beppe Grillo torna a indicare la prospettiva del 2050. «Insieme abbiamo obiettivi importanti», dice Luigi Di Maio. Quanto al Pd, tutte le correnti salutano con più o meno entusiasmo il nuovo segretario, che hanno votato. «Ora lealtà e passione per il bene dell'Italia», twitta Zingaretti, mentre i delegati si chiedono a chi appartengano i due soli voti contrari. Il voto è segreto, la tempesta è passata.