ReazioniMosca esulta per la caduta di Johnson: «Addio amico di Kiev»
SDA
7.7.2022 - 21:06
Indifferenza, sberleffi e mazzate: Mosca celebra l'addio di Boris Johnson, «un pagliaccio» che «non piace alla Russia», e lo tramuta in oro colato per la propria propaganda interna.
Keystone-SDA
07.07.2022, 21:06
07.07.2022, 21:31
SDA / Red
Le dimissioni «dell'amico di Zelensky» diventano la «prova» che i leader europei sbagliano a sostenere l'Ucraina o che le sanzioni causano crisi economica e malcontento popolare in Occidente.
Il premier dimissionario ha però assicurato sulla soglia di Downing Street che Londra continuerà con il sostegno «irriducibile» a Kiev, dicendo che Volodymyr Zelensky è un «eroe» che «tutti amano».
BoJo ha incassato i ringraziamenti della presidenza ucraina, «per aver compreso la minaccia del mostro russo ed essere sempre stato in prima linea ed essersi preso la responsabilità nei momenti più difficili». Frasi che a Mosca hanno incendiato ancor di più le polveri.
Le reazioni di Mosca
«Notizie da Londra. I «migliori amici dell'Ucraina» se ne vanno. La «Vittoria» è in pericolo! Il primo è andato», ha ironizzato il falco Dmitri Medvedev, parlando di «arroganza britannica» e «politica mediocre soprattutto sulla scena internazionale».
Il Cremlino sfoggia invece indifferenza, «non abbiamo certo tempo di occuparci delle questioni interne britanniche», ha detto il portavoce Dmitri Peskov: «Per quanto riguarda lo stesso signor Johnson non gli piacciamo molto, non ci piace nemmeno lui». Il portavoce di Putin auspica «che persone più professionali e in grado di prendere decisioni attraverso il dialogo arriveranno un giorno al potere in Gran Bretagna».
Meno educati altri commenti: «Il pagliaccio se ne va»
Meno educate le bordate che arrivano dal mondo politico russo: «Il pagliaccio se ne va, amico intimo e sponsor di Zelensky, Johnson è costretto a dimettersi», ha scritto sui social il presidente della Duma Vyacheslav Volodin mentre per il numero due della commissione esteri del Senato, Vladimir Dzhabarov, la caduta di BoJo è da imputare all'effetto boomerang delle sanzioni antirusse sull'economia britannica.
E ancora: la «BorisExit dimostra che i valori europei sono prossimi al collasso», è la profezia del deputato ultranazionalista Sergei Karginov, convinto insieme ad altri esponenti che ci saranno altri terremoti politici in Europa, ovviamente «tra quelli che sostengono Kiev». Medvedev ad esempio dice di «aspettare notizie» da Germania, Polonia e Stati baltici.
A chiudere il cerchio, tra una foto e l'altra per raccontare anche sui media russi una vita di gaffe dell'ex premier britannico, spicca il vicepresidente del Senato Konstantin Kosachev che sentenzia: «È naturale, è giusto. Ha perso un politico che ha fatto una scommessa personale aggravando il confronto con l'Ucraina e nella regione. È meritato. Anche se le ragioni sono molto più banali della posizione incendiaria di Londra negli affari ucraini».
Johnson a Downing Street: «Lascio ma non avrei voluto»
«Lascio ma non avrei voluto farlo», ha dichiarato Johnson dal podio sistemato secondo costume dinanzi al portoncino al numero 10 di Downing Street, fra gli applausi di un drappello di ministri e funzionari più fedeli e della giovane consorte Carrie, sorridente in faccia alla sventura con la figlioletta Romy in braccio; ma anche sullo sfondo delle ovazioni irridenti di attivisti e oppositori radunatisi a qualche isolato di distanza.
Non senza rivendicare come meriti di cui essere «immensamente orgoglioso» quelli d'aver portato a compimento la Brexit, fatto uscire il Paese dalle restrizioni Covid «per primo in Europa» o d'averlo schierato in prima fila accanto all'Ucraina.
BoJo ha quindi ringraziato il popolo britannico, ricordando polemicamente il consenso ricevuto alle elezioni del 2019: un mandato colossale che lo ha spinto – si è giustificato – a cercare di restare premier fino all'ultimo considerandolo come un «obbligo».
Detto questo ha riconosciuto che il gruppo parlamentare conservatore vuole ora «un nuovo leader» e che «in politica nessuno è lontanamente indispensabile». Quindi ha riservato una stoccata ai «traditori» che oggi «si sentiranno sollevati», pur senza esagerare.
«Quando il gregge si muove – ha ironizzato – si uniscono tutti». «Ma il nostro sistema darwiniano riuscirà a trovare un nuovo leader a cui darò tutto il mio sostegno», ha concluso, evocando addirittura un'immaginaria età «dell'oro» per l'isola fuori dall'Ue. Un futuro che peraltro spetterà ad altri realizzare, semmai.
Un futuro incerto
Il presente – al di là delle rassicurazioni sul sostegno incrollabile a Kiev contro l'invasione russa rinnovate a Volodymr Zelensky in un'ultima telefonata fra amici condita di rammarico e reciproci elogi – resta segnato da incognite e timori di caos. Dalle ferite che il suo passaggio, i colpi di coda di una Brexit divisiva, le tante vicende controverse che l'hanno coinvolto, dal Partygate in giù, lasciano in ogni modo in eredità nel partito come nel sistema politico nazionale.
Senza contare gli effetti della sua resistenza a oltranza di questi ultimi giorni, l'immagine da bunker costruita attorno a Downing Street quando – dopo le bugie o le mezze verità dello scandalo Pincher – una cinquantina fra membri senior e junior dello stesso governo l'aveva già abbandonato. A suggellare la conclusione di un'era di cui giovedì inizia la sepoltura.