Consiglio europeo Il premier ungherese Orban blocca l'intesa sul bilancio UE e gli aiuti a Kiev

SDA

15.12.2023 - 20:18

Vertice storico a metà. Se è vero che l'Unione Europea è riuscita a battere un colpo sull'allargamento, aprendo i negoziati di adesione per Ucraina e Moldavia con quella che ormai nei corridoi del palazzo del Consiglio viene soprannominata «la procedura Orban» (il voto all'unanimità con un assente in sala).

Viktor Orban in una foto d'archivio.
Viktor Orban in una foto d'archivio.
sda

È altrettanto vero che il premier ungherese non ha ceduto sulla revisione del bilancio comunitario, bloccando sia i 50 miliardi di sostegno a Kiev sia le risorse per le altre voci del budget, come la migrazione e l'innovazione. E allora i leader si rivedranno per un summit straordinario a fine gennaio.

Il tempo, d'altra parte, sta per scadere. La Commissione Europea sta per versare l'ultima tranche di finanziamenti già approvati per il 2023 – 1,5 miliardi – e dovrebbero bastare per l'inizio del 2024.

La visione degli ucraini

In Ucraina la vedono diversamente. «Ci aspettiamo che tutte le procedure legali necessarie siano completate entro gennaio, il che ci permetterà di ricevere i relativi finanziamenti il prima possibile», ha dichiarato il ministero degli Esteri in un comunicato.

Febbraio è già considerato critico. Ovvero, banalmente, gli stipendi dei dipendenti pubblici e le pensioni potrebbero non essere erogati (o solo in parte). Non a caso il commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni lo ha definito un rinvio «molto grave».

«Si parla molto di autonomia strategica dell'Ue che oggi vuol dire sostegno economico, militare, all'Ucraina, senza i tentennamenti che abbiamo avuto stanotte», ha stigmatizzato.

Dunque che fare? Orban, a favor di telecamere, è stato chiarissimo: senza lo sblocco dei quattrini del Pnrr (10,4 miliardi) e di coesione (11,7 miliardi) non toglierà il veto sulla revisione del bilancio. Una posizione che ha raccolto il plauso del Cremlino.

Possibile procedere con una soluzione a 26 Paesi?

«L'Ungheria, a differenza di molti Paesi europei, difende con fermezza i propri interessi e questo ci colpisce», ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov in un endorsement più che palese.

La presidente della Commissione Ursula von der Leyen è stata altrettanto diretta. «Le regole sono note a tutti: se ci sono le riforme arrivano i finanziamenti», ha dichiarato sottolineando che, per quanto riguarda gli impegni concordati sulle riforme del sistema giudiziario nel quadro dei fondi di coesione, i passi avanti ci sono stati e infatti 10 miliardi sono stati sbloccati (alla vigilia del vertice, peraltro).

Ma non è credibile che Budapest da qui a fine gennaio svolga tutti i compiti a casa richiesti. «Da qui a fine gennaio ci prepareremo perché se il veto ungherese resta si possa procedere con una soluzione a 26 per l'Ucraina», ha precisato von der Leyen.

Orban può mettere in difficoltà in molte occasioni

Come? Ci sono varie ipotesi. «Non avete idea di quanto possiamo essere creativi», mettono in guardia alte fonti europee vicine al dossier. «Ma la prima opzione – ribadiscono – è mantenere l'unità». L'idea è quella di non demonizzare il premier ungherese che, non va dimenticato, comunque avrà mille occasioni per mettersi di traverso, se vuole, nei prossimi mesi.

«L'Ucraina non è pronta per l'adesione all'Ue: per fortuna avremo molte occasioni per correggere la decisione presa ieri», già minaccia su X-Twitter.

L'apertura dei negoziati infatti non è che il principio di un lungo viaggio per l'Ucraina. Che a marzo dovrà passare l'esame dell'esecutivo blustellato sul raggiungimento pieno delle riforme abilitanti e poi concordare il quadro negoziale vero e proprio coi 27. E lì dovrà passare di nuovo dalle forche Caudine del Consiglio.

Il presidente francese Emmanuel Macron d'altra parte ha avvertito che l'eventuale adesione dell'Ucraina all'Ue è «ancora lontana», nonostante la svolta al vertice, e ci sarà tempo per prepararsi dal lato europeo con le dovute riforme (già preoccupato dell'impatto sulla politica agricola).

Gli ardori di Kiev quindi potrebbero presto venire delusi. «È improbabile che il quadro negoziale si apra prima dell'estate», sostengono altre fonti europee. La partita di Orban è ancora tutta da giocare.