Regno Unito Pietra tombale su Johnson? «Ha mentito sul Partygate»

SDA

15.6.2023 - 20:33

Boris Johnson «ha mentito» alla Camera dei Comuni in relazione al cosiddetto scandalo Partygate sui ritrovi organizzati fra il 2020 e il 2021 a Downing Street sotto la sua premiership in violazione delle restrizioni anti-Covid imposte all'epoca dal medesimo governo a milioni di britannici.

Boris Johnson departs in una foto d'archivio.
Boris Johnson departs in una foto d'archivio.
KEYSTONE

Lo ha fatto «deliberatamente» e «ripetutamente»: per questo avrebbe meritato ben 90 giorni di sospensione dal Parlamento, se non non si fosse dimesso venerdì scorso per protesta da deputato quando aveva capito d'essere ormai con le spalle al muro; e per questo gli va negato finanche il lasciapassare per mettere piede a Westminster, concesso di regola a ogni ex parlamentare che si rispetti.

A stabilirlo è il rapporto finale, reso pubblico oggi, della commissione bipartisan della Camera dei Comuni (Privileges Committee) chiamata a indagare sull'accusa rivolta all'ex primo ministro Tory e artefice della Brexit di aver «fuorviato» l'aula su quelle vicende.

Un rapporto persino più pesante di quanto già non si attendesse, che ha il sapore della sentenza senz'appello.

Di una pietra tombale sulle residue velleità di BoJo di tornare un giorno alla ribalta sulla scena pubblica del Regno Unito, a dispetto delle tante resurrezioni del passato. Come del resto lo stesso interessato sembra ammettere, proclamandosi con toni furiosi, quasi alla Donald Trump, vittima di un presunto «omicidio politico».

Non poteva non sapere che erano illegali

La commissione, guidata da un'avversaria laburista conclamata come Harriet Harman, ma composta da 4 membri conservatori su 7 (inclusi due brexiteer storici), ha risposto con un lungo e minuzioso verdetto di condanna alle recriminazioni rabbiose cui era stata sottoposta la settimana scorsa nella lettera aperta in cui Johnson – dopo essere stato informato preventivamente dell'epilogo in arrivo – si era scagliato senza remore istituzionali di sorta contro Harman e soci.

Si era pure lanciato a testa bassa contro i 'traditori' del proprio partito e il suo successore Rishi Sunak, additando la commissione alla stregua di «un tribunale del popolo» di staliniana memoria, impegnata in una sorta di «caccia alle streghe» contro di lui per punirlo della Brexit e decisa a estrometterlo dal Parlamento in modo «anti-democratico» pur essendo consapevole della sua autocertificata innocenza.

Sulla base di evidenze e testimonianze il Committee ha viceversa concluso che Boris non poteva non sapere della natura irregolare dei ritrovi del Partygate; e che quindi avrebbe ingannato il Parlamento a più riprese affermando il contrario dallo scranno di premier.

Mentre gli imputa pure di aver mentito sul fatto che nessuno dei funzionari di Downing Street lo avesse avvertito preventivamente del rischio di violazione delle norme.

Una sospensione «senza precedenti»

E successivamente di aver contribuito a «una campagna di insulti» diffamatoria scatenata contro la stessa commissione con alcuni fedelissimi. Di qui la durezza delle sanzioni proposte.

Con una sospensione «senza precedenti» nella storia parlamentare dell'isola, specie nei riguardi di un capo o ex capo di governo di Sua Maestà: ben superiore al minimo di 10 giorni necessario a far scattare – laddove non si fosse già dimesso – il possibile obbligo di rimettere in palio il proprio seggio in un'elezione suppletiva.

La risposta del reprobo non si è fatta attendere, ancor più incendiaria rispetto alla lettera di pochi giorni fa. BoJo ha liquidato il dispositivo come un testo «spazzatura» infarcito di «menzogne» deliberate. Poi, quasi paragonandosi a Cesare, lo ha indicato come «l'ultima coltellata» di un piano di assassinio politico.

Si prospetta un dibattito difficile per la maggioranza

Al governo Sunak, in ogni caso, non resta ora che sottoporre lunedì il documento al voto dell'assemblea, in un dibattito rovente e quanto mai imbarazzante per la lacerata mega maggioranza Tory.

Dibattito «triste e penoso» nelle parole della ministra Penny Mordaunt, Leader of the House, al termine del quale la Camera dovrà dire sì o no a una mozione dirimente, per quanto «emendabile».

E decidere in concreto, con un giudizio secco, se avallare le proposte del Privileges Committee non più sulla sospensione di 90 giorni (resa inattuabile dalle dimissioni preventive), bensì sul bando definitivo di Boris da Westminster anche come ex.

Giudizio che del resto le opposizioni già fanno calare a mo' di mannaia; e a cui sommano l'accusa a Sunak d'essersi rivelato debole di fronte al predecessore ed ex mentore, nonché di guidare una forza sprofondata «nel caos».

Come tuona Angela Rayner, numero due di Keir Starmer al vertice del Labour: presentando l'epilogo di oggi quale prova provata del fatto che il Partito Conservatore ha portato per oltre un triennio alla testa del Regno – fra pandemia, contraccolpi del dopo Brexit, guerra russa in Ucraina, crisi globale – «un bugiardo matricolato e un violatore della legge».