Rischia l'ergastoloAl via il processo a Hong Kong per Jimmy Lai, scontro frontale Stati Uniti-Cina
SDA
18.12.2023 - 21:33
C'è chi ha passato la notte in fila, fuori dalla West Kowloon Magistrates' Courts a Hong Kong, per assicurarsi uno dei posti disponibili al pubblico e manifestare la propria solidarietà alla prima udienza del processo contro Jimmy Lai, il magnate dei media e attivista pro-democrazia accusato di «collusione con forze straniere».
Keystone-SDA
18.12.2023, 21:33
18.12.2023, 21:39
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Un gesto simbolico verso la figura di maggior profilo del fronte anti-governativo ad essere finora finita nelle maglie della legge sulla sicurezza nazionale imposta a giugno 2020 da Pechino sull'ex colonia, con effetto retroattivo e in risposta alle proteste di massa del 2019.
Lai, 76 anni compiuti l'8 dicembre, è da oltre mille giorni in carcere: adesso però rischia l'ergastolo se riconosciuto colpevole dopo il dibattimento la cui durata è stimata in 80 giorni, soprattutto per aver sostenuto il movimento di opposizione con il suo giornale Apple Daily, costretto a chiudere nel 2021.
Il magnate è diventato un simbolo della resistenza alla stretta della Repubblica popolare sulla città: lunedì mattina, in base ai media locali, c'erano decine di attivisti, inclusa la veterana Alexandra 'nonna' Wong, volto familiare del 2019, presentatasi vicino al tribunale con la bandiera britannica dell'Union Jack.
Si è dichiarato «Non colpevole»
Nell'aula c'erano i media, funzionari di consolati (Gran Bretagna, Australia e Canada tra gli altri), il cardinale Joseph Zen (feroce oppositore di Pechino) e i familiari di Lai.
Alle 10 il tycoon, camicia blu e giacca, è comparso davanti al collegio dei tre giudici, non in manette. È apparso di buon umore, a dispetto dei tre anni spesi nel centro di massima sicurezza di Stanley.
Alla prima condanna a venti mesi per «manifestazione non autorizzata» se n'è aggiunta una per violazioni commerciali: il subaffitto di un locale, utile a guadagnare tempo per le accuse.
Lai si è dichiarato non colpevole delle quattro contestazioni, tra cui due capi d'accusa di cospirazione per la collusione con forze straniere e uno di collusione con forze esterne. C'è poi la cospirazione per «pubblicazioni sediziose» dell'Apple Daily.
Le parole di David Cameron e Matthew Miller
Il figlio del magnate, Sebastien, ha chiesto più volte l'aiuto internazionale per il rilascio del padre in possesso di passaporto britannico, anche nell'incontro della scorsa settimana con il ministro degli Esteri di Londra, David Cameron.
«In quanto giornalista ed editore eminente e schietto, Lai è stato preso di mira nel chiaro tentativo di fermare l'esercizio pacifico dei suoi diritti alla libertà di espressione e di associazione. Chiedo alle autorità di Hong Kong di porre fine al procedimento giudiziario e di rilasciare Lai», ha affermato Cameron in una dichiarazione.
Anche il portavoce del Dipartimento di Stato Usa Matthew Miller ne ha chiesto il rilascio, notando che «le azioni che soffocano la libertà di stampa e limitano il libero flusso di informazioni hanno minato le istituzioni democratiche di Hong Kong e colpito la sua reputazione di centro economico e finanziario internazionale».
La risposta cinese
Dura la reazione di Pechino: «Le osservazioni di Usa e Gb sul caso sono in grave violazione dello stato di diritto, costituiscono una palese manovra politica e un esempio della politica dei doppi standard», ha tuonato il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin.
«Lai è il principale pianificatore e partecipante degli incidenti anti-cinesi e destabilizzanti di Hong Kong», ha aggiunto il funzionario.
Intanto, mentre Lai fronteggiava la sua prima udienza, a Pechino il presidente Xi Jinping riceveva il governatore di Hong Kong John Lee, complimentandosi per i risultati raggiunti, tra la risoluta salvaguardia della sicurezza nazionale e l'uscita dalla pandemia del Covid-19, convinto che la città sia entrata «in una nuova fase in cui ha ristabilito l'ordine ed è destinata a prosperare», hanno riferito i media statali.