RussiagatePaul Manafort, ex consigliere di Trump, ha collaborato con i servizi segreti russi
ATS
19.8.2020 - 08:00
Il Senato ha diffuso un rapporto, il primo bipartisan, sul Russiagate, confermando dopo tre anni di indagini le conclusioni dell'inchiesta del super procuratore Robert Mueller, liquidate da Donald Trump come «caccia alle streghe».
Stando alla relazione, il governo russo varò un'estesa campagna nel 2016 per sabotare le elezioni e far vincere Trump, mentre alcuni consiglieri del tycoon furono aperti all'aiuto di Mosca senza però che ci fosse una cospirazione coordinata.
Il rapporto della commissione Intelligence del Senato, di circa 1000 pagine, presenta ampie prove dei contatti tra i collaboratori di Trump e persone legate al Cremlino, compreso l'allora capo della campagna Paul Manafort e Konstantin Kilimnik, identificato per la prima volta come un agente segreto russo che potrebbe essere stato legato alle interferenze gestite dall'intelligence militare di Mosca.
L'ex direttore della campagna presidenziale del 2016 di Donald Trump ha dunque condiviso informazioni riservate con un membro dei servizi segreti russi, ponendo una «seria» minaccia per gli Stati Uniti, secondo il rapporto del Senato, che specifica: «Nel complesso, l'elevato livello di accesso del signor Manafort e la sua disponibilità a condividere le informazioni con persone considerate vicine ai servizi di intelligence russi (...), rappresentavano una seria minaccia di controspionaggio».
Paul Manafort, consulente politico repubblicano di 71 anni, ha comunicato direttamente e indirettamente non solo con Konstantin Kilimnik, identificato come un agente dei servizi segreti russi, ma anche con Oleg Deripaska, un noto oligarca vicino al presidente russo Vladimir Putin, prima e durante i sei mesi in cui ha fatto parte della squadra elettorale del candidato repubblicano.
Nel rapporto Mueller, Kilimnik era indicato come una persona in contatto con gli 007 russi.
A soli tre mesi dalle elezioni
Il rapporto viene pubblicato meno di tre mesi prima delle elezioni presidenziali, nei quali la Russia sta ancora una volta cercando attivamente di interferire, secondo i servizi di Intelligence statunitensi.
Questa condivisione di informazioni, inclusi sondaggi elettorali interni e dettagli della strategia della campagna di Trump, è avvenuta quando i gruppi di hacker collegati al Cremlino e dell'intelligence militare russa hanno lanciato una campagna di disinformazione sui social per promuovere la vittoria del miliardario, sottolinea il rapporto.
Obiettivo? Rovinare la reputazione di Hillary Clinton
Il rapporto bipartisan descrive anche come, in diverse occasioni, il team di Trump si sia rivolto a Mosca e a WikiLeaks per farsi aiutare a screditare la campagna della rivale democratica Hillary Clinton.
Dalle indagini del Senato emerge anche che la squadra del tycoon suggerì al consigliere informale e vecchio amico di Trump, Roger Stone, di tenetare di ottenere informazioni sul materiale compromettente di WikiLeaks su Hillary Clinton e il partito democratico. La pena di Stone è già stata commutata dal presidente.
La commissione riprende i punti salienti delle conclusioni del procuratore speciale Robert Müller, che aveva sottolineato i numerosi contatti tra i membri della squadra repubblicana e la Russia, pur sottolineando l'assenza di prove in merito ad una collusione.
Trump, già a suo tempo, ha negato ferocemente qualsiasi cooperazione con la Russia e ha denunciato una «caccia alle streghe».
Secondo il Senato Paul Manafort, che ha lasciato il suo incarico nell'agosto 2016, conosceva Kilimnik e Deripaska grazie al suo ruolo di consulente del governo ucraino filo-russo, ricoperto per diversi anni.
Manafort sta attualmente scontando una condanna a sette anni e mezzo di reclusione per varie frodi scoperte nell'ambito delle indagini del procuratore Müller. È stato posto agli arresti domiciliari a maggio a causa dell'epidemia di coronavirus.