Il governo siriano ha annunciato nelle ultime ore di esser pronto a rimpatriare dal Libano decine di migliaia di profughi fuggiti nel corso degli undici anni di guerra.
16.08.2022, 17:59
16.08.2022, 18:17
SDA
Media libanesi e siriani danno oggi ampio risalto alle dichiarazioni del ministro siriano per l'amministrazione locale, Hussein Makhluf, che a Damasco ha incontrato ieri il ministro uscente libanese per gli sfollati, Issam Sharafeddin.
Lo stesso Sharafeddin aveva nelle scorse settimane affermato che il Libano è pronto a deportare in Siria 15mila profughi siriani al mese.
Più di un milione di siriani in Libano
Dal 2011 a oggi più di un milione di profughi siriani sono fuggiti in Libano, la cui popolazione non supera i quattro milioni di persone e che da tre anni è afflitto dalla peggiore crisi economica della sua storia. L'Onu afferma che l'80% della popolazione residente in Libano, inclusi i profughi siriani, vive in stato di povertà.
«Le nostre porte sono aperte ai siriani che intendono tornare in patria», ha detto il ministro siriano Makhluf. «Lo Stato (siriano) è pronto a offrire loro tutto quello di cui hanno bisogno, tra cui anche alloggi provvisori» per chi ha perso la casa.
Anche in Siria la crisi economica causa da due anni più sofferenze degli effetti diretti del conflitto armato, sottolinea oggi l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria.
Mezzo milione di morti e 10 milioni di sfollati
Il confitto siriano è costato la vita a circa mezzo milione di persone. E ha costretto circa metà dei 20 milioni di siriani, ad abbandonare le proprie abitazioni: sia come profughi all'estero, per lo più nei paesi confinanti, sia come sfollati in altre regioni siriane.
L'Onu, l'Unione Europea e organizzazioni umanitarie internazionali hanno rinnovato di recente gli appelli perché il rimpatrio dei siriani dal Libano avvenga su base volontaria, non leda la loro dignità e non li esponga a persecuzioni, abusi, arresti arbitrari da parte dell'apparato militare e di sicurezza del governo di Damasco sostenuto da Russia e Iran.