Spagna Il premier Sanchez giura davanti al re Felipe, ma il Paese è spaccato

SDA

17.11.2023 - 20:26

Pedro Sanchez (a sinistra) presta giuramento come primo ministro davanti al re spagnolo Felipe VI (a destra) e alla Costituzione nel Palazzo della Zarzuela a Madrid,
Pedro Sanchez (a sinistra) presta giuramento come primo ministro davanti al re spagnolo Felipe VI (a destra) e alla Costituzione nel Palazzo della Zarzuela a Madrid,
KEYSTONE

Alle 10.00 in punto Pedro Sánchez si è presentato davanti a Felipe VI, nel palazzo reale della Zarzuela, per giurare lealtà al re e alla Costituzione diventando anche formalmente presidente del governo di Spagna: un Paese che tuttavia sta vivendo da settimane momenti di forte tensione politica, nelle piazze come in tutte le istituzioni, dalla magistratura all'esercito.

Ieri, per la quindicesima notte consecutiva, migliaia di estremisti di destra, tra saluti romani e bandiere con la svastica, hanno assediato la sede nazionale del partito del premier, il Partito socialista operaio spagnolo (Psoe), provocando gravissimi incidenti, con feriti e aggressioni alla stampa presente.

Inoltre una cinquantina di ex alte cariche militari in pensione hanno lanciato un appello in cui chiedono esplicitamente all'esercito di «destituire il premier» perché, si legge nell'appello, nella Spagna di oggi mancano «giustizia, uguaglianza e democrazia». Si tratta di un gruppo di nostalgici franchisti, il loro appello non sortirà alcun effetto, tuttavia è un'iniziativa che fa capire il clima di questi giorni.

Ovviamente la cerimonia dal re sancisce per Sanchez un indubbio successo personale, il coronamento della conquista di una fiducia grazie al voto della maggioranza assoluta del Congresso. Anche il funzionamento di questi giorni delle istituzioni è la conferma che la democrazia spagnola resta vitale e solida.

Un Paese profondamente diviso

Tuttavia il leader socialista è consapevole che dovrà fare i conti con un paese profondamente diviso e che il suo esecutivo troverà tantissimi ostacoli sul suo cammino già nel prossimi mesi.

Sa benissimo che dovrà affrontare un'opposizione molto forte nelle piazze, ma anche nelle istituzioni: ben dodici regioni su diciassette sono in mano all'alleanza tra Partito popolare (Pp) e i radicali di destra di Vox e faranno di tutto per mettere i bastoni tra le ruote ad ogni atto legislativo territoriale.

In più Sanchez avrà contro molti giudici irritati dall'amnistia concessa agli indipendentisti catalani, per non parlare del dissenso degli industriali preoccupati dalle riforme sociali già annunciate dalla sinistra, come la riduzione dell'orario di lavoro e le tasse contro i grandi patrimoni.

Trasformare un'alleanza in una realtà

Al momento il premier dispone in parlamento di una maggioranza ampia, definita dallo stesso Sanchez «un muro» contro l'avanzare della destra. Un obiettivo comune – non far arrivare il presidente di Vox Santiago Abascal al governo – che è stato capace di riunire ben otto formazioni con programmi però profondamente diversi l'una dall'altra.

Il primo problema per Sanchez sarà quindi trasformare quest'alleanza unita solo dallo slogan «tutti contro Vox» in una realtà capace di mantenere l'unità anche per andare avanti nel governo del Paese.

Impresa che appare improba, ma che potrebbe riuscire a un leader a cui tutti riconoscono tenacia, ambizione e molta flessibilità. È stato capace, in soli sei mesi, di passare dal flop delle ultime amministrative al trionfo di ieri.

A suo favore gioca un precedente: anche nel 2020, quando andò al governo, tutti erano convinti che sarebbe durato pochi mesi. E invece alla fine rimase in sella alla Moncloa, la sede della presidenza del governo, portando a termine la legislatura.