Medio Oriente Stallo negoziale, Netanyahu non cede sulle truppe a Gaza

SDA

20.8.2024 - 20:12

La complicatissima trattativa per una tregua a Gaza va avanti, tra passi avanti e marce indietro. La buona notizia è che i negoziati guidati dai mediatori riprenderanno giovedì al Cairo, mentre Antony Blinken proseguirà il suo tour nella regione facendo tappa a Doha.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu (immagine d'archivio).
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu (immagine d'archivio).
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Allo stesso tempo, Israele e Hamas appaiono ancora lontani sui nodi chiave. Benyamin Netanyahu ad esempio non ne vuole sapere di far ritirare l'Idf dal corridoio Filadelfia, al confine tra Striscia e Egitto, affermando che bisogna continuare a impedire il contrabbando di armi. La fazione palestinese invece accusa il suo nemico di utilizzare ogni espediente per proseguire la guerra, con la copertura degli Stati Uniti.

Il capo della diplomazia americana, dopo aver incassato l'ok di Netanyahu alla proposta di compromesso sulla tregua formulata da Washington, si è spostato in Egitto, dove ha incontrato il presidente Abdel Fattah al-Sisi. Entrambi hanno concordato sulla necessità di arrivare rapidamente ad un cessate il fuoco a Gaza per evitare un'espansione regionale del conflitto.

Uno spiraglio in questa direzione si sarebbe potuto aprire convincendo Israele a ritirarsi almeno temporaneamente dal corridoio cuscinetto con l'Egitto, ma Netanyahu ha ribadito la sua contrarietà.

«Non ci ritireremo in nessun caso, ho informato Blinken che continueremo fino alla distruzione di Hamas», perché in ballo c'è la tutela dei «nostri asset di sicurezza strategica», sono state le sue parole ad un incontro con le famiglie degli ostaggi. A cui è seguita una poco rassicurante previsione: «Non sono sicuro che ci sarà un accordo».

Palla nel campo di Hamas

La palla è nel campo di Hamas, secondo lo Stato ebraico e gli Usa, tanto che Joe Biden – che fino a pochi giorni parlava di un accordo mai così vicino – ha accusato il gruppo che governa la Striscia di «tirarsi indietro» nel negoziato. «Parole fuorvianti che non rappresentano la vera posizione del movimento, che auspica di arrivare a un accordo», è stata la replica alla Casa Bianca.

Hamas continua a rivendicare di aver accettato il primo piano Biden presentato a maggio, per dare vita in una prima fase ad una tregua di sei settimane. Poi però Israele avrebbe posto nuove condizioni, come pretesto per non chiudere l'intesa, potendo contare sulla «luce verde» degli americani. A complicare le cose nelle trattative c'è poi la questione ostaggi: Israele di fatto vuole tutti gli ostaggi vivi nella prima fase della tregua, mentre Hamas rinfaccia alla controparte di porre veti sui nomi dei prigionieri palestinesi da scambiare.

Il filo della trattativa insomma resta molto sottile, ma non si è ancora spezzato. Giovedì e venerdì si attende il secondo round dei negoziati mediati da Stati Uniti, Egitto e Qatar, per tentare di riavvicinare le parti. Il team israeliano dovrebbe raggiungere Il Cairo, Hamas al contrario ha fin qui rifiutato di sedersi al tavolo, sostenendo che non c'è nient'altro da discutere.

Si teme l'escalation regionale

Sullo sfondo c'è l'ombra che non si è ancora diradata di una escalation regionale, con il cosiddetto Asse della resistenza guidato dall'Iran sempre pronto a sferrare un duro attacco a Israele, come rappresaglia per gli omicidi del comandante di Hezbollah Fuad Shukr e del capo politico di Hamas Ismail Haniyeh.

Lo hanno ricordato, dopo giorni di silenzio, i Pasdaran: «Il tempo è dalla nostra parte e il periodo di attesa per colpire potrebbe essere lungo», ha affermato un portavoce delle Guardie rivoluzionarie di Teheran. «Il regime sionista e i suoi coloni – è la stilettata – devono assaporare l'amarezza dell'attesa».