Regno UnitoStarmer al congresso laburista: «C'è luce in fondo al tunnel»
SDA
24.9.2024 - 19:46
Un cambiamento e «un rinnovamento nazionale» a portata di mano, ma da attuare nell'ambito di un «progetto a lungo termine» per il Regno Unito tornato ad affidarsi al Labour dopo la Brexit. È il messaggio con cui Keir Starmer ha cercato di aprire un cauto spiraglio di ottimismo dinanzi al congresso di Liverpool, evocando gradualismo e «serietà» nell'indicare una «luce in fondo al tunnel».
Keystone-SDA
24.09.2024, 19:46
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E ribadendo peraltro al contempo il monito sulla necessità di «decisioni dure e impopolari» nell'immediato – nel nome dello slogan «prima il Paese, poi il partito» – a cavallo fra promesse progressiste e richiami moderati.
Parole che hanno suggellato la prima assise laburista in 15 anni conclusa da un leader in vesti di premier dopo la vittoria alle elezioni del 4 luglio. E che hanno consentito a sir Keir – efficace per le esigenze di una platea plaudente come quella congressuale, per quanto fedele al suo stile non certo trascinante da oratore sottotono – di recuperare il centro della scena.
Oltre che di provare a lasciarsi alle spalle la rapida inversione recente dei sondaggi; un calo di consensi personali addirittura al 24 %; le polemiche sul rigore di bilancio (in primis l'annunciato taglio dei sussidi per il caro riscaldamento a 10 milioni di pensionati) ventilato in vista della finanziaria d'autunno per coprire il «buco nero» nei conti rinfacciato all'eredità dei conservatori; nonché – last but not least – le accuse d'ipocrisia per il presunto scandalo sui regali di ricchi donatori di partito incamerati da lui stesso, dalla first lady Victoria o da vari ministri dopo le tante denunce contro «il malcostume e il clientelismo Tory».
«Il cambiamento è iniziato per ricostruire» il Paese
E tenendo ai margini le contestazioni della base pacifista, riecheggiate oggi nell'isolata protesta pro Gaza di un militante 18enne «infiltrato», liquidato alla stregua di un orfano «della conferenza del 2019»: ossia di quel Labour a tutta sinistra dell'ormai epurato Jeremy Corbyn, senza cambiare il quale «non saremmo tornati al governo».
Un contesto dinanzi a cui il primo ministro – illuminato dai colori patriottici dell'Union Jack e attento a non rivolgersi neppure una sola volta ai delegati con l'appellativo tradizionale di «comrades» (compagni) – ha insistito ad assicurare che «il cambiamento è iniziato per ricostruire» il Paese, rianimare la crescita dell'economia e recuperare la fiducia della gente «in un governo al servizio della working class».
Senza tuttavia nascondere «le difficoltà» dei prossimi mesi e l'esigenza di un rigore finanziario che – nelle sue parole come in quelle della cancelliera dello Scacchiere, Rachel Reeves – non dovrebbe significare comunque «ritorno all'austerità». «Non vi sono risposte facili», ha messo del resto in guardia Starmer, tornando a rigettare «il populismo» e «le false speranze» a breve.
Una serie di provvedimenti dal sapore di sinistra
L'elenco delle promesse che «possiamo realizzare e realizzeremo», come ha detto in chiusura, non esclude provvedimenti dal sapore più «leftist» già messi nero su bianco: dal piano di rinazionalizzazione della rete ferroviaria, a quello per la nascita di una società pubblica chiamata a stimolare gli investimenti nelle fonti di energia rinnovabili sulla trincea dei cambiamenti climatici.
Dalla costituzione di un nuovo fondo statale per rimettere in sesto la sanità, all'impegno contro l'evasione fiscale e le truffe al welfare per recuperare risorse per la spesa sociale; fino al progetto di riforma del lavoro mirato nelle intenzioni a rendere più facile l'accesso al modello delle 4 giornate settimanali lavorative a parità di orario.
Un freno all'immigrazione illegale e legale
Ma dà ampio spazio pure agli impegni per l'ordine pubblico e per frenare l'immigrazione sia illegale (a colpi di rimpatri), sia legale (con l'obiettivo di «ridurre la dipendenza dalla manodopera d'importazione): rivendicando da un lato «la tolleranza della democrazia» britannica contro il razzismo e i riots.
Dall'altro l'idea che la retorica alla Boris Johnson sul «take back control», sul recupero dei controlli a tutela dei confini (ma anche dei diritti dei lavoratori) vada declinata in realtà come ricetta politica di «un governo laburista deciso» che crede al mercato, non alla deregulation.
E infine con indicazioni di politica estera improntate – sullo sfondo delle guerre che incendiano il mondo – alla continuità nel fermo sostegno «alla NATO e all'Ucraina contro l'aggressione russa»; e insieme a un appello piuttosto vago, l'ennesimo, alla «de-escalation» fra Libano e Israele o a un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza palestinese.