Nuovi dettagliStrage di Bologna: ai NAR un milione di dollari da Licio Gelli
ATS
23.7.2020 - 17:08
Un milione di dollari in contanti sarebbe la quota data da Licio Gelli ad alcuni dei terroristi neofascisti dei NAR pochi giorni prima della strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, che causò 85 morti e 200 feriti.
Soldi che arrivavano dai conti svizzeri di Licio Gelli e che facevano parte di una fetta più ampia di cinque milioni di dollari – o forse anche maggiore – che a più riprese sarebbero transitati da febbraio '79 e fino al periodo successivo alla strage anche agli organizzatori e ai depistatori.
È un particolare che emerge dall'inchiesta della Procura generale di Bologna sui mandanti dell'attentato e che poco tempo fa ha visto la richiesta di rinvio a giudizio per per Paolo Bellini, ex di Avanguardia Nazionale, accusato di concorso nella strage del 2 agosto 1980.
L'inchiesta si è concentrata soprattutto sulle «menti» dietro la bomba, individuando in Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D'Amato e Mario Tedeschi, tutti già deceduti, come mandanti, finanziatori o organizzatori dell'attentato.
I dettagli
A quanto si apprende, infatti, gli inquirenti hanno scoperto che nei giorni immediatamente precedenti la strage Licio Gelli, un suo factotum e alcuni degli esecutori si trovavano nella stessa località.
Gelli, o un suo emissario secondo i magistrati, avrebbero consegnato il milione di dollari in contanti agli attentatori.
Un'altra parte di quei cinque milioni, circa 850'000 dollari, finì invece a D'Amato, ex capo dell'Ufficio Affari riservati del Ministero dell'Interno, che secondo l'ipotesi investigativa teneva i contatti con la destra eversiva tramite Stefano Delle Chiaie, capo di Avanguardia Nazionale.
E ancora un'altra fetta di quel denaro sarebbe servita invece a finanziare il depistaggio a mezzo stampa.
In particolare, la Procura generale ritiene che una somma andò a Mario Tedeschi, ex senatore del MSI (Movimento Sociale Italiano, neofascista) iscritto alla loggia massonica P2 (Propaganda Due) e direttore del settimanale «Il Borghese», perché portasse avanti una campagna sul suo giornale avallando l'ipotesi della «pista internazionale» dietro la strage.