Politica Donald Trump verso la quarta incriminazione, rischia l'accusa di racket

SDA

14.8.2023 - 18:39

Il pericolo per il tycoon è quello di venire perseguito per reati che non rientrano tra i poteri di grazia del presidente.
Il pericolo per il tycoon è quello di venire perseguito per reati che non rientrano tra i poteri di grazia del presidente.
Keystone

Un racket elettorale: è il teorema accusatorio che potrebbe essere contestato a Donald Trump nella sua quarta incriminazione, attesa questa settimana ad Atlanta nell'inchiesta sulle pressioni per ribaltare l'esito delle presidenziali in Georgia nel 2020.

Hai fretta? blue News riassume per te

  • Donald Trump va verso al quarta incriminazione.
  • La procuratrice Fani Willis potrebbe perseguire accuse sotto l'ombrello della legge statale di Atlanta contro il racket.
  • Il procedimento è più pericoloso dei precedenti perché per questi reati non è possibile ottenere la grazia presidenziale.
  • Trump ha minacciato via social un testimone s rivendo che farebbe meglio a non esprimersi.
  • Il caso è iniziato con una «telefonata perfetta» di Trump al segretario di stato repubblicano Brad Raffensperger in cui gli chiedeva di trovargli oltre 11.000 voti per battere Biden.
  • Malgrado la sua prossima quarta incriminazione Trump resta saldamente primo tra i candidati repubblicani.

Keystone-SDA

Sarebbe un poker di arresti in cinque mesi (escludendo i due impeachment) con le primarie alle porte in febbraio, dove il calendario delle sfide dovrà fare i conti con le udienze dei processi.

Secondo il New York Times, la procuratrice (democratica) Fani Willis ha ripetutamente segnalato di voler perseguire accuse sotto l'ombrello della legge statale contro il racket, usata in genere contro associazioni criminali (spesso di tipo mafioso nel caso dell'analoga legge federale) per condannare non solo i 'soldati' ma anche i loro leader.

La violazione di questa sola legge prevede da 5 a 20 anni di reclusione.

Un procedimento più pericoloso degli altri, ecco perché

Ma in una lettera del febbraio 2021 ai dirigenti statali, Willis aveva evocato tra i possibili reati, oltre al racket, anche la «sollecitazione di frode elettorale, il rilascio di false dichiarazioni a organi governativi statali e locali, la cospirazione, la violazione del giuramento d'ufficio e qualsiasi coinvolgimento in violenze o minacce relative all'amministrazione delle elezioni».

Tutti reati statali che non rientrano tra i poteri di grazia del presidente.

Per questo il processo in Georgia rischia di essere il più pericoloso per Trump se fosse condannato, perché in caso di rielezione alla Casa Bianca non potrà «'auto perdonarsi'», né in caso di sconfitta potrà farsi perdonare dal futuro commander in chief.

Questo vale anche per la prima incriminazione (statale) a New York legata ai fondi neri pagati per coprire potenziali scandali sessuali alla vigilia della sua vittoria nel 2016, anche se si tratta di reati meno gravi.

Diverso invece il caso delle due inchieste federali, dove è accusato per le carte segrete a Mar-a-Lago e l'assalto al Capitol.

Anche Rudy Giuliani nel mirino

Ad Atlanta sono già scattate misure di sicurezza, con il tribunale transennato e blindato alla vigilia della convocazione del gran giurì per sentire un paio di testimoni, tra cui l'ex vice governatore repubblicano della Georgia Geoff Duncan.

«Farebbe meglio a non deporre», lo ha minacciato l'ex presidente sul suo social Truth, attaccando anche la «falsa Fani Willis».

A breve, forse già oggi, la procuratrice presenterà le conclusioni della sua inchiesta, durata due anni e mezzo, contro Trump e una ventina di suoi alleati, tra cui il suo ex avvocato personale Rudy Giuliani e vari legali coinvolti nelle interferenze sul voto. Il gran giurì dovrebbe poi decidere sull'incriminazione entro pochi giorni.

Come è iniziato il caso? Con una «telefonata perfetta»

Tutto è partito da una telefonata dell'allora presidente – l'audio è tra le prove chiave dell'accusa – al segretario di stato repubblicano Brad Raffensperger il 2 gennaio 2021 per chiedergli di trovare 11'780 voti necessari a fargli superare Joe Biden, sulla base dell'infondata accusa di elezioni truccate. «Una telefonata perfetta», si è difeso il tycoon.

Poi si sono aggiunti altri filoni: le false dichiarazioni dei suoi avvocati nelle udienze parlamentari locali, i 16 falsi elettori pro Trump (alcuni hanno collaborato con gli inquirenti), le intimidazioni ad alcuni funzionari elettorali e la violazione del software per il voto nella contea di Coffee (tra le prove, sms e mail degli avvocati di Trump).

Trump sempre primo tra i repubblicani

«Un'altra incriminazione e vinco», ha commentato The Donald dopo la terza per l'attacco al Congresso: in effetti continua a volare nei sondaggi, dove ha da 30 a 40 punti di vantaggio sul principale rivale repubblicano Ron DeSantis.

Ed è testa a testa con un Joe Biden ora azzoppato anche dal probabile processo al figlio Hunter per evasione fiscale e possesso illegale di un'arma: due temi chiave della sua agenda.