Medio Oriente Un fiume di sfollati torna nel nord di Gaza in macerie. Hamas: «È una vittoria»

SDA

27.1.2025 - 19:52

Sin dalle prime ore del mattino, un fiume di sfollati si è riversato verso la parte settentrionale dell'enclave palestinese.
Sin dalle prime ore del mattino, un fiume di sfollati si è riversato verso la parte settentrionale dell'enclave palestinese.
KEYSTONE

«Questo è il giorno più felice della mia vita, sento come se la mia anima e la mia vita fossero tornate da me». Lamees al-Iwady non riesce a trattenere la gioia al suo arrivo a Gaza City dopo aver perso il conto delle volte in cui è stata sfollata in 15 mesi di guerra nella Striscia.

Keystone-SDA

La 22enne palestinese è tra le centinaia di migliaia di persone che sono riuscite a tornare a piedi e in auto nel nord dell'enclave, grazie alla svolta di domenica sera sul destino dell'ostaggio israeliano Arbel Yehud: dopo una negoziazione serrata, il governo di Benjamin Netanyahu e Hamas hanno infatti concordato di attuare un ulteriore rilascio di ostaggi giovedì, quando saranno liberati Arbel, la soldatessa Agam Berger e un altro rapito.

In cambio, le forze israeliane hanno acconsentito al passaggio dei gazawi attraverso il corridoio di Netzarim – che divide in due la Striscia – permettendo loro di tornare a casa, o a ciò che ne rimane.

Più di 200mila sfollati verso nord

Sin dalle prime ore del mattino, un fiume di sfollati si è riversato verso la parte settentrionale dell'enclave. Una marea umana di pacchi, buste, carretti, bici e anche automobili per chi è più fortunato: i pochi resti di una vita sventrata dall'ennesima guerra nella Striscia.

Secondo un funzionario della sicurezza di Gaza, più di 200'000 sfollati sono tornati a piedi nel nord nelle due ore successive all'apertura del valico.

Un attraversamento organizzato e che potrebbe richiedere anche giorni di attesa, con contractor egiziani che ispezionano persone e auto con scanner alla ricerca di armi ed esplosivi, perché l'accordo sulla tregua prevede che per tornare a nord si debba essere disarmati.

Gioia e desolazione

E se da una parte la gioia è il sentimento che riempie la folla finalmente libera di tornare a casa, dall'altra resta la desolazione per una terra ormai ridotta a deserto e a cumuli di macerie da 15 mesi di bombe a tappeto: secondo le stime del governo, la popolazione di Gaza City e del nord avrà bisogno di 135'000 tende e roulotte. «Ma le case le ricostruiremo, anche se sarà con fango e sabbia», è convinta Lamees.

Per Hamas si tratta di una «vittoria»

Con l'apertura del passaggio verso nord, Hamas ha rivendicato il ritorno degli sfollati come «una vittoria» per il popolo palestinese e «la sconfitta dei piani di occupazione» e dello «sfollamento» proposto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che nei giorni scorsi ha ventilato l'idea di «ripulire» Gaza trasferendo i gazawi in Giordania ed Egitto.

La proposta di Trump rimane

Una proposta immediatamente condannata dai Paesi interessati e da altri leader regionali, compreso il presidente dell'Anp Abu Mazen. Come previsto, l'idea è invece piaciuta all'ultradestra israeliana, da Smotrich a Ben Gvir.

E potrebbe finire sul tavolo di un colloquio tra lo stesso tycoon e Netanyahu: secondo il portale israeliano Walla News che cita tre fonti israeliane e americane, il premier israeliano sarebbe infatti pronto a volare alla Casa Bianca già la prossima settimana – dal 3 al 5 febbraio – diventando così il primo leader straniero a visitare Washington dall'insediamento del nuovo presidente Usa.

A Israele si attendono altri ostaggi e 8 morti

Nel frattempo, la gente in Israele resta divisa tra il sollievo di poter riabbracciare i primi rapiti liberati e la logorante attesa per coloro che restano a Gaza, mentre è giunta dalla lista di Hamas – convalidata dal governo israeliano – la tragica conferma che tra i 33 ostaggi da rilasciare nella prima fase di cessate il fuoco, 8 torneranno in Israele da morti.

Questa settimana l'attesa sarà accorciata a giovedì, quando saranno rilasciate Arbel Yehud, Agam Berger e un altro rapito grazie a un accordo raggiunto dopo un braccio di ferro tra il governo israeliano e la fazione palestinese.

«Sono giorni complessi, emotivi e snervanti», hanno raccontato i parenti di Yehud. «Aspettiamo con ansia il momento in cui potremo riabbracciare la nostra Arbel e preghiamo disperatamente per il ritorno di tutti gli ostaggi».