Gli Stati Uniti sospettano che il regime di Assad abbia nuovamente usato armi chimiche in Siria. E si dicono pronti, insieme agli alleati, a «rispondere rapidamente e in modo appropriato».
Un'eventualità che apre per Donald Trump un nuovo fronte di scontro in Medio Oriente dopo l'Iran. Su Teheran il capo del Pentagono ad interim, Pat Shanahan, ha cercato di smorzare i toni: le azioni prese sono un «deterrente, non vogliamo un'escalation della situazione, non sono guerra».
«Gli Stati Uniti continuano a monitorare da vicino le operazioni del regime di Assad nel nord ovest della Siria, incluse le indicazioni di un nuovo uso di armi chimiche da parte del regime» afferma il portavoce del Dipartimento di Stato, Morgan Ortagus.
Un quadro già drammatico
«Sfortunatamente continuiamo a vedere segnali sul fatto che il regime di Assad possa averle usate di nuovo, incluso un presunto attacco il 19 maggio». Parole che arrivano come una doccia fredda sul quadro già drammatico dipinto dall'ONU. In un rapporto le Nazioni Unite segnalano che 180'000 civili sono stati costretti ad abbandonare le proprie case tra le regioni di Hama e Idlib fra il 29 aprile e il 9 maggio in seguito all'offensiva del governo siriano e russa nell'area.
Secondo l'ONU, l'offensiva ha creato particolare problemi a circa 250'000 bambini e ragazzi in età scolare, che hanno subito conseguenze a causa del conflitto nella Siria nord-occidentale innescato a fine aprile dall'offensiva aerea e di terra delle truppe governative sostenute dalle forze russe contro miliziani anti-regime tra cui qaidisti.
Le tensioni non si allentano
Trump ha annunciato nei mesi il ritiro delle truppe americane dalla Siria in seguito alla sconfitta dell'Isis nel Paese. Ma la tensione in Siria non si è allentata e negli ultimi mesi si sono inaspriti i toni anche con gli Stati Uniti. Il ministero degli Esteri siriano ha infatti criticato aspramente la decisione di Trump di riconoscere l'annessione israeliana delle Alture del Golan.
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